Quantcast
Channel: Goofynomics
Viewing all 2369 articles
Browse latest View live

Paolo Savona

$
0
0
L'amico Ballardin mi ha girato due video che condivido con voi:






Ci sono dettagli coi quali come sapete sono in disaccordo (e ne ho parlato anche con l'interessato), e ci sono concetti che forse occorre precisare meglio per i meno esperti. Mi ci soffermo non per fare la lezioncina al prof. Savona (che non ne ha bisogno, tanto più che di queste cose abbiamo modo di discutere), ma per evitare che si scatenino due orde di imbecilli: quelli che "Bagnai ha cambiato idea!" (io non ho idee), e quelli che "Savona non ha detto che..." (quando intervisteranno voi riuscirete a fare di più in minor tempo).

Chiedo anche scusa se ho urtato la sensibilità di una terza categoria di imbecilli: quelli che si urtano quando chiamo imbecille un imbecille. Io purtroppo sono un tecnico e devo attenermi ai fatti.

Entrando nel merito, per quel che mi riguarda, come sapete (e come sa chiunque abbia letto il mio libro, incluso, credo, il prof. Savona), son dell'avviso di Feldstein:

There is of course nothing in economic logic or experience that implies that free trade requires a single currency. The North American Free Trade Area has stimulated increased trade without anyone thinking that the United States, Canada and Mexico would have a single currency. Japan has succeeded as a major global exporter despite substantial fluctuations in the value of its currency. We now see that the European Union has achieved a free trade market even though only 17 of its 27 members use the euro.

ovvero, per i diversamente europei:

Naturalmente nulla nella logica o nell'esperienza economica implica che il libero commercio richieda una moneta unica. Il NAFTA ha stimolato il commercio senza che nessuno pensasse che gli Stati Uniti, il Canada e il Messico dovessero avere una moneta unica. Il Giappone ha avuto successo come principale esportatore mondiale nonostante sostanziali fluttuazioni della sua valuta. Vediamo ora che l'Unione Europea ha liberalizzato il commercio anche se solo 17 dei suoi 27 membri usano l'euro.

Le parole di Feldstein mi sembrano tecnicamente inoppugnabili, ma intuisco anche il senso politico di quelle di Savona, che poi è il senso della pesca al polpo. Se vuoi tirarlo fuori dalla tana, non devi tirare, devi spingerlo dentro. Ah, non lo sapevate? Funziona così: se tirate, lui si appiccica ovunque con le sue ventose, e voi dovete avere i bicipiti di Tyson e i polmoni di un capodoglio. Se invece spingete, lui si stacca: allora potete rapidamente estrarlo. Provare per credere, io ho smesso di ammazzare animali.


Trovare un senso tecnico alla moneta unica, quando ne conosciamo il senso politico, serve comunque a rassicurare l'interlocutore: "c'era del buono, serviva per il mercato unico, ecc., ma purtroppo...". Serve a preparare quel "ma purtroppo" pesante come un macigno, che Savona squadra molto bene da ogni lato. Quindi non starei a discutere se ha fattualmente ragione Feldstein o Savona su questo punto. Seguirei la dialettica.

In termini comunicativi, io non direi che l'abbandono dell'euro è "un passo indietro verso il vecchio sistema del mercato unico" (sia perché contraddice l'assunto che non ci possa essere mercato unico senza moneta unica, sia perché mi sembra che conceda troppo al frame"Italiettalirettasvalutazzzione", del quale Zingy è come abbiamo visto più e più volte, l'aedo). Però è un dettaglio, serve a farsi capire dalla casalinga (ma le casalinghe, a me, mi capiscono?).

Notate come nel primo video Savona contestualizzi sia il problema attuale (il lavoro) che le conseguenze degli aggiustamenti passati (siamo sopravvissuti a inflazioni più alte di quella che ci aspetterebbe, mentre non sopravviveremmo a una deflazione). Lo fa molto bene. L'unica cosa che mi sentirei di precisare (ma non lo faccio sempre nemmeno io, e sicuramente lui sarebbe d'accordo su questo) è che è più facile comprare una cosa che costa il 5% in più se hai uno stipendio, che comprarne una che costa l'1% in meno se sei disoccupato. Questo, come notate, Savona lo dice: la deflazione mette a rischio la coesione sociale del paese. Lui lo sa e lo dice. Altri lo sanno e non lo dicono. Altri ancora sono fuori come un terrazzo. Ma gli italiani "si guardano in giro", come dice Savona, e vedono che "qualcosa non funziona".

Nel secondo video Savona affronta il problema che più o meno nello stesso periodo stava (pre)occupando De Grauwe: il fatto che entrando in un'unione monetaria di fatto un paese si "terzomondizza", nello specifico senso di perdere il controllo dell'emissione della valuta nella quale governo (e banche e cittadini) sono indebitati. Una cosa strutturalmente simile accade, come sapete, ai paesi del Terzo mondo, che per trovare credito sono costretti ad accettare contratti definiti in valuta estera e disciplinati dal diritto estero. Il caso di scuola qui è l'Argentina, che si è addirittura "dollarizzata" col meccanismo del currency board, ma non è certo l'unico. Come spiega il Fondo Monetario Internazionale, ogni crisi finanziaria nei paesi emergenti è stata preceduta da una qualche forma di aggancio valutario, e questo perché il cambio fisso rassicura gli investitori esteri; inoltre, come ci hanno raccontato Eichengreen, Hausman e Panizza, indipendentemente dal regime di cambio paesi con un passato di iperinflazione o default scontavano questo loro "peccato originale" essendo comunque costretti a indebitarsi in valuta estera (normalmente dollari), il che, ovviamente, avrebbe dovuto costituire un deterrente rispetto all'ipotesi di reagire a shock esterni svalutando (perché i debiti contratti si sarebbero parimenti rivalutati). In realtà questo deterrente non è che abbia funzionato poi benissimo. Le svalutazioni poi ci son state lo stesso, in presenza di forti shock o di squilibri non altrimenti correggibili. Lo prova la letteratura sulle contractionary devaluations (svalutazioni recessive), della quale si è occupato niente meno che Kruggy in uno dei suoi primissimi lavori (con Taylor, quello di Frenkel), e che trovate riassunta ad esempio da Céspedes. Il succo è che se gli operatori si indebitano in valuta estera, poi quando il paese è costretto a svalutare falliscono perché non riescono a tener fede ai propri pagamenti all'estero (il cui importo in valuta nazionale cresce, se questa si svaluta), e quindi l'impatto positivo della flessione del cambio su esportazioni e domanda potrebbe essere compensato da quello negativo legato alle difficoltà di banche e imprese. Come ci siamo detti più volte, questo è stato soprattutto il caso di certi paesi del Sud Est asiatico durante la crisi di fine anni '90, ma il fenomeno è generalizzato.

Nel suo discorso Savona non può entrare nel tecnico, ma noi possiamo: l'euro è una moneta straniera perché non ne abbiamo il controllo, ma è una moneta a corso legale nel nostro paese. La situazione italiana attuale quindi nonè esattamente quella di un paese del Terzo mondo, nel senso che, come sapete, i contratti retti da diritto italiano potranno essere ridenominati. Questo non era il caso dei mutui in ECU, che nel 1992 non poterono essere ridenominati, perché non erano contratti in valuta a corso legale nel paese ed erano disciplinati dal diritto estero. Chi li aveva prese una legnata (ma prima aveva pagato interessi più bassi di chi invece si era indebitato in lire). Non è nemmeno il caso dei debiti in dollari degli argentini, per ovvi motivi (cha Savona spiega). La nostra situazione è un po' diversa ma rimane, certo, una quota di "peccato originale", cioè di obbligazioni in valuta estera non ridenominabili perché rette dal diritto estero. Si può stimare quante siano, e si può stimare l'impatto sul tasso di crescita di una loro "rivalutazione" (cioè di una svalutazione della valuta nazionale che costringa i debitori nazionali a rimborsare i propri debiti con l'estero in una valuta estera più cara). Lo faremo in un prossimo post, ma intanto è utile sapere che secondo le stime di Jens Nordvig, a fine 2012 l'Italia, fra i paesi dell'Eurozona, era quello con il "peccato originale" più piccolo. Da allora quello che è cambiato è soprattutto il crollo del Pil, che ha reso il peso di qualsiasi obbligazione (incluse quelle verso l'estero) meno sostenibile: se non guadagni, come rimborsi?

Certo che ci sarebbe un grande shock (forse) se uscissimo! Ma sarebbe peggio per molti altri, per ora, perché le loro esposizione sull'estero sono peggiori delle nostre (e ci sono anche degli insospettabili dentro). Vogliamo continuare a farci cuocere a fuoco lento per poi sentirci dire quello che ha detto la Merkel alla Grecia?

"L'Unione Europea ci strappa la sovranità fiscale senza darci l'unione politica."

Come sapete, io non credo che l'unione politica sia un obiettivo plausibile né desiderabile, ma ai tanti che lo credono penso che non ci sia modo migliore di far venire qualche dubbio di quello scelto da Savona con questa frase. Le sue parole di biasimo della "religione europea" sono impeccabili. La sua descrizione dell'alternativa fra la "pace" (o la "guerra") evocate dagli "europeisti" onirici, e la realtà del conflitto sociale che ci attende sono chiarissime. Inutile dire che la necessità del piano B è un dato ovvio, e come sapete potrei confermarvi che altri paesi europei se ne sono dotati fra 2011 e 2012 (tutta roba che è comparsa sui giornali, peraltro).

"Abbiamo cambiato la costituzione economica e sociale del paese con un atto illegittimo, ci siamo mossi con troppa superficialità."

Questo noi lo sappiamo e lo abbiamo scritto, ma è importante che venga detto così, come è importante che si capisca che "i gruppi dirigenti siamo tutti: i professori universitari, gli imprenditori, i sindacalisti, e tutto sommato anche i lavoratori". Il mio ultimo lavoro è dedicato alle responsabilità di queste categorie: dallo squallore scientifico e morale degli appellisti (gli economisti che fingono di ignorare quale sia il problema perché non vogliono assumersene la responsabilità), alla disfunzionalità di sindacati che agiscono contro gli interessi dei lavoratori non perché ci guadagnino qualcosa (come i loro colleghi tedeschi, che almeno vanno a troie coi padroni), ma perché non capiscono niente, alla miopia di una classe imprenditoriale che ha accettato l'imposizione di un vincolo esterno (quello del cambio) in cambio della rimozione del vincolo interno (quello del salario), pensando che per salvare la pelle bastasse orientare le scelte politiche verso un sistema nel quale il rischio d'impresa si scarica sistematicamente sul lavoratore (credits: @federiconero), senza capire che il modo in cui cercavano di guadagnare competitività (schiacciando i salari) e efficienza (licenziando) li condannava a morte, perché distruggeva il mercato interno.

L'Italia può farcelaè stato scritto soprattutto per proporre un diverso patto sociale a queste classi dirigenti, che temo se ne batteranno il belino. Mi pare sia estremamente probabile che i tanti personaggi che abbiamo visto sfilare su questo blog ci condurranno a un catastrofico scoppio di violenza, nell'illusione di restarne immuni, e nella certezza che questo sia il modo migliore per non prendersi la propria parte di responsabilità di quanto è accaduto nel nostro paese. Il nostro paese è stato tradito, e se guardando Savona vi siete fatti delle illusioni, be', mi dispiace, ma è mio triste e sgradito dovere togliervele subito: qui bene amat bene castigat, il medico pietoso fa la piaga cancrenosa, e il peggio non è mai morto...

Soprattutto quando si parla di Presidenti di quella Repubblica che una volta era fondata sul lavoro. Chi vivrà vedrà, ma di illusioni, su questo, me ne faccio veramente poche.

Rai PUDE: er Grexit e 'a Camboggia...

$
0
0
Dopo un bel servizio sulla musica cambogiana, GR PUDE intervista Giorgio Di Giorgio, in qualità di esperto, sul possibile Grexit (ci sarà un podcast). Premesso che Giorgio è un amico e ha detto parole equilibrate (quindi il problema non è certo lui), a me, non so perché, questo modus operandi ha fatto venire in mente questo video:




(come si dice a Roma, "ao', er Grexit sarà 'na Camboggia!". Nel senso che sarà pentatonico? No, perché pare che abbiano sette note pure loro. Sarà, ma vi giuro che non si sente!)

Merkel: "La Grecia non ha più importanza sistemica". Traduzione per diversamente europei.

$
0
0
(ricevo da Angelantonio Castelli e immediatamente pubblico...)


Caro Prof. Bagnai,

sono un lettore del suo blog, già qualche tempo fa mi ero permesso di disturbarla e ho molto apprezzato la sua disponibilità anche nel confronto privato. Questa volta con le mie rudimentali conoscenze di economia
(in gran parte ottenute grazie a lei) sono andato a dare un’occhiata  al database della BIS.

Dopo le recenti dichiarazioni della Merkel circa la perdita di importanza della Grecia che adesso potrebbe anche permettersi di lasciare l'euro ho voluto dare un’occhiata all’esposizione delle banche europee verso
questo paese.
 
Assumendo di aver preso le variabili giuste ho ottenuto questo grafico:

Diverse cose mi hanno colpito, oltre ad avere la conferma fattuale di quanto già avevo appreso da lei.

1) I francesi in questo caso sono riusciti a fare peggio dei tedeschi
2) Le argomentazioni del tipo: “ma i Greci hanno truccano i conti…” appaiono veramente ridicole alla prova dei fatti. Le sole banche francesi avevano un credito pari a circa il 20% del PIL totale greco e continuavano a prestare…
3) E’ interessante notare la diversa strategia delle banche Svizzere rispetto a quelle dell’Eurozona. Anche loro fortemente coinvolte. Non avendo gli Svizzeri particolarmente a cuore le sorti del sistema non ci pensano su due volte e vendono tutto nello spazio di un trimestre, mentre Germania e Francia devono essere più caute pena collasso del sistema greco e rischio per l’eurozona tutta. [Ndr: anche se il ragionamento fila, qui c'è un problema statistico; vedete sotto...].
4) Il ruolo dell’Italia appare del tutto marginale (ma questo si sapeva e si sono guardati bene dal dircelo).

Mi piacerebbe avere un suo commento su questo e anche sull’ultima parte del grafico dove si vede che le banche tedesche ricominciano seppur timidamente a prestare in Grecia. A cosa può essere dovuto? Probabilmente a Berlino sanno di avere la situazione perfettamente  sotto controllo e possono anche permettersi di ricominciare seppur timidamente il gioco?

Grazie a lei ho scoperto il piacere di provare a capire nel mio piccolo gli scenari economici e guardare i dati, cosa che abitualmente faccio per le collisioni di protoni, avevo voglia di condividere la soddisfazione di un grafico esplicativo con lei. Chissà magari torna pure utile per il blog.

La saluto e le auguro buon 2015

Angelantonio
(bene, guardiamo il bicchiere mezzo pieno e quello mezzo vuoto. Quello mezzo vuoto è che ora per ricambiare mi toccherà scrivere un post sulle collisioni di protoni. L'unica cosa che so è che non sono proteine, e che fanno rima con Barisoni, ma anche con Fubini, però mi applicherò...
Il bicchiere mezzo pieno è il proverbio, sapete quello del donare un pesce, invece di insegnare a pescare? Dopo quello di voi che mi disse che gli avevo fatto venir voglia di leggere Dostojevski, questo forse è il secondo regalo più bello che mi abbiate fatto: non omnis moriar. Sbattersi dalla sera alla mattina a qualcosa è servito, cominciate a camminare con le vostre gambe. 
In effetti sapevamo che le Svizzera e Francia erano i paesi più esposti. Il crollo del dato svizzero, nella fonte, è attribuito a un non meglio identificato "break statistico" - un qualche cambiamento nei criteri di rilevazione, qualcuno saprà spiegarcelo - quindi va preso con le pinze: nessuna serie economica si abbatte così in un trimestre. Il tuo ragionamento però un fondamento ce l'ha. In ogni caso, era ovvio che vista la mala parata tutti cercassero di rientrare, e una volta riusciti facessero ciao ciao con la manina. Notate che qui stiamo parlando di credito erogato da banche private a tutti i settori dell'economia greca. Se andate a ravanare nel database, vedrete che prima che scoppiasse la crisi dei debiti "sovrani" - cioè pubblici - ovvero a inizio 2010, la Francia era esposta per una sessantina di miliardi, di cui una quindicina di prestati al settore pubblico. Chiaro? Capite perché chi oggi ancora pronuncia la parola "debito pubblico"è di per sé un cialtrone - o un furbetto? Nulla nella genesi della crisi, né nei percorso di possibile soluzione, indica che il debito pubblico sia stato un problema: nemmeno in Grecia, dove il credito estero andava a finanziare incautamente soprattutto il settore privato. E questo io ve l'ho sempre detto, fin dall'inizio, semplicemente riscontrando le evidenze macroeconomiche (cioè i saldi settoriali). È anche un simpatico cialtrone chi parla di contagio per l'Italia. Sì, naturalmente la psicologia dei mercati è malata. Ma se la Grecia venisse cancellata dal mappamondo, la perdita per gli italiani sarebbe 15 dollari a testa: circa un sesto di quanto ci è costato Monti, per capirci.
Questi sono i numeri.
Ovvio che poi il saldo delle partite correnti di per sé non ci informa su quando i nostri benefattori francesi o tedeschi si stancano di aiutarci! Il saldo delle partite correnti misura infatti l'indebitamento netto (cioè la differenza fra quanti crediti e quanti crediti ha contratto un paese verso l'estero in un determinato periodo). Quello che interessa ai paesi creditori è l'esposizione lorda delle loro banche. Il fatto che la banca tedesca X abbia contratto un credito con l'industria cinese Y non rassicura la banca tedesca Z che deve riavere i soldi dalla banca greca K, non so se mi spiego. Le statistiche che vedete ci dicono che questa esposizione lorda ora è sufficientemente bassa.
In altre parole, quando la Merkel dice che "la Grecia non ha più importanza sistemica", vuol dire che "la Grecia non ha più importanza per le banche tedesche". 
Vedete cosa succede a non sapere le lingue? Poi non si capisce cosa sta succedendo...)


Addendum: Christian Alexander Mongeau Ospina ci spiega cos'è sucesso allaSvizzera (quel ragazzo coi dati è una spada...)

La ragione del break la trovi a pag. 20 di:


"... as a result of a restructuring that took place during the fourth quarter of
2009, a Swiss bank was reclassified as a Greek bank. As a consequence, its
claims on Greece were no longer included in the consolidated figures for Swiss
banks. This change in the reporting population of Swiss banks caused most of
the $74.9 billion decline (from $78.6 billion to $3.7 billion) in the claims of
Swiss banks on residents of Greece between the third and the fourth quarter of
2009. If one compared the numbers for these two quarters in BIS Table 9D
disregarding the break in series in the fourth quarter, one would wrongly
conclude that there was a precipitous decline in the foreign claims of Swiss
banks on Greece when, in fact, there was no sizeable change in the stock of
claims held by the bank in question."

(Bene. Io vado dal Faraone. Ci vediamo lì...)

Merkel: "Greece is no longer of systemic importance". Translation.

$
0
0
(I receive from Angelantonio Castelli, a reader of my blog, this graph, which I submit to your attention. Any error - including translation errors - is my own responsibility)

Dear Prof. Bagnai,

I am a follower of your blog. Some time ago I had allowed myself to contact you and I appreciated your helpfulness. Using my basic knowledge of economics (most of which obtained reading your blog), I had a glance at the BIS database

Puzzled by the recent statement of Frau Merkel about Greece's "loss of systemic importance", and the fact that now the Eurozone could afford Grexit, I wished to check the exposure of the European banks towards Greece.
Assuming I considered the right variables, this is the graph I obtained:



Several things struck me, besides having a factual check of what I had already learned from you.

1) France in this case behaved worse than Germany [Translator's note: of course it did! This is the reason why Mr. Moscovici is so keen to suggest Greek people how to vote, as Jacques Sapir points out so often]
2) Arguments like: "Greek people falsified their accounts" seem ridiculous once checked against the facts. The French banks only had credits up to 20% of Greek GDP, and they kept lending... [Translator's note: yes, we said this in 2011, and Vitor Constancio realized it in 2013: you cannot over-borrow if someone is not over-lending!]

3) It is interesting to remark the different strategy of Swiss banks. They were massively involved. However, since Swiss people were not particularly concerned about the euro, the sell everything within one quarter, while Germany and France must be more cautious, otherwise Greece had collapsed and the Eurozone with it. [Translator's note: well, the reasoning could be more or less correct, but there is a statistical break in the series. Unfortunately, we do not have homogenous data that would allow us to verify this hypothesis]

4) The role of Italy is quite marginal (but we knew that, although our media do not tell us). [Translator's note: indeed, our media actually speak a lot about "contagion". I am not quite sure that epidemiology has something to do with our predicament.]

I would appreciate your comment on this, and especially on the last portion of the graph, where we see that German banks start, very timidly, to lend again to Greece. Where does this come from? Perhaps Berlin knows that it is in complete control of the situation, and that it can resume its game?

Thanks to you I uncovered the pleasure of understanding economic scenarios, and to look at the data, something I usually do for protons' collisions. For this reason, I wished to share this graph with you. It could prove useful for your blog.

Happy New Year,

Angelo



(it is indeed a useful graph, because it allows us to translate Angela's - or his advisor's - words. When they say: "Greece is no longer of systemic importance", they mean " Greece is no longer dangerous for our banks". Just for you to know how Europe is ruled...)


Addendum: my coauthour Christian Alexander Mongeau Ospina was so kind as to explain us what happened to Switzerland:

La ragione del break la trovi a pag. 20 di:


"... as a result of a restructuring that took place during the fourth quarter of
2009, a Swiss bank was reclassified as a Greek bank. As a consequence, its
claims on Greece were no longer included in the consolidated figures for Swiss
banks. This change in the reporting population of Swiss banks caused most of
the $74.9 billion decline (from $78.6 billion to $3.7 billion) in the claims of
Swiss banks on residents of Greece between the third and the fourth quarter of
2009. If one compared the numbers for these two quarters in BIS Table 9D
disregarding the break in series in the fourth quarter, one would wrongly
conclude that there was a precipitous decline in the foreign claims of Swiss
banks on Greece when, in fact, there was no sizeable change in the stock of
claims held by the bank in question."


 

"Systemic importance", "radical parties", and democracy in the Eurozone

$
0
0


In a previous post of this blog I published an email by Angelantonio Castelli, a physicist who happens to belong to my small virtual class (first blog in economics in Italy). He was so kind as to draw our attention on the meaning the words “systemic importance” have for the German government. Quite obviously, and fully legitimately, for the German government “systemic importance” means “risk for German owned banks”. Angelantonio’s graph showed that the exposure of German (and French) banks to Greece fell quickly over the last two years (not such a big discovery, of course, but something the Italian media will never show to their audience), which means that now Greece can leave, if it dares.

I produce here some further graphs, answering the following questions: what about Italy? And what countries are of “systemic importance” to Germany now? The data are well known. I will then draw a simple political conclusion, that will prove right. If it ever proves wrong, you know where I live: here!

Firstly, this is the exposure to Greece of Germany, France, and the Netherlands (I left aside Switzerland, which is important and interesting, but outside the Eurozone – and proud of it):


Netherlands pattern is about the same, on a smaller scale (but mind the many statistical breaks in the series: detailed information available on the BIS website).

Next, this is the exposure of Germany, France, and the Netherlands, to Italy:


Once again, we have a similar pattern: a very apparent trend reversal in bank lending since the onset of the crisis (mind the break in the Netherlands’ series!). However, in our (Italian) case, international lending stabilizes after the “whatever it takes” bluff at the mid-2012 (yes, it is a bluff, and you know it, and even Mario knows: let us see what happen in 2015, not just tomorrow!).

Then, I show you the consolidated lending by Germany, France and Netherlands to Greece and Italy, just for you to know that there is a small difference in size:


(I know you suspected that Italy was larger than Greece, and you are not too surprised, but believe me: many people ignore such simple details, and it is really worth providing them, if we wish democracy to work as it should, not as technocrats want – more on democracy below).

Finally, this is how the exposure of Germany towards its main partners evolved over time:


And, once again, no big surprise: Spain was the bigger problem, and this is the reason why it was (and still is) allowed to repeatedly break the European budget rules. Everybody knows that in a balance sheet regression public indebtedness is needed to favor private sector deleveraging (have a look at Boltho and Carlin’s paper, if you can). Basically, the German rule of the Eurozone was so kind as to allow the Spaniards to transform non-performing loans of German banks (private debt of Spanish firms and households towards Germany) into Spanish public debt (I suppose you remember that Spanish public debt was virtually zero before the crisis, don’t you?).

By the way, this is a clear illustration of the purposes of the “anti-austerity/pro-euro” frame adopted by the “left” all around in the Eurozone. You know, those silly guys who keep “threatening” Germany, asking it to relieve “its” absurd austerity rules? I call them “the appealian”, because they are so keen to write (and underwrite) utterly wise and spectacularly ill-timed “appeals” that nobody will read. If there was a political will to cooperate in the Eurozone, we would not be in such a crisis. Full stop. So, what is the point to write “appeals”, once it is so clear that nobody is willing to ever look at them? They are at best of no “systemic importance”, and at worst of some help to Germany, that in the present situation is already managing its “austerity” in a very flexible way (as the Spanish case demonstrate).

Finally, a few words about Hans Werner Tsipras.

Do you remember when the European “progressive”, open-minded people, in Europe and elsewhere, were so happy because they felt that Hollande was about to change the economic landscape of the Eurozone? Well, it turns out that they missed a little detail. Now they are missing a big one.

If you think that our worst problem is Eurozone economic predicament, you are grossly mistaken. Our first problem is democracy, for the reasons so neatly expressed by Axel Leijonhufvud five years ago. The Eurozone is the apex of the vincolo esterno (external constraint) political philosophy, well described by Kevin Featherstone. Central bank independence is the mean to a well-defined and openly declared end: subtract the governance of sovereign states to elected politicians in order to empower a non-elected transnational technocratic elite (please, have a look at Featherstone’s paper before starting your populist rants about the European dream). The euro embodies central bank independence through article 123 of the Treaty on the Functioning of the European Union. It then follows that every people defending the euro nowadays, be it directly, like Mr. Draghi, or indirectly, like the "appealians" or Hans Werner Tsipras, is actually defending this political philosphy. Unfortunately, it turns out that this philosophy was (and still is) grounded on two very unsound bases: the naive confidence in the existence of a “purely technical” economic optimum, and the Machiavellian and paternalistic view that the “good shepherds” could lie to the sheep in order to push them in the right direction.

On the first point, I allow myself to point out to your attention that optimal inflation is not like optimal room temperature, which is well known to lie in a small range between 20 and 23 °C (68 and 73 °F),and which can be regulated by a technical device; there is no widely agreed-upon definition of an optimal inflation rate, the Sheridan’s approach of the ECB (the only good inflation is dead inflation) has pushed us beyond the verge of a complete disaster, and since inflation affects wealth and income distribution (as Leijonhufvud reminds us), you cannot have it regulated by the “thermostat” of a technocratic central bank: you need politicians, and a central bank obeying to them. Well, sorry, I was wrong. Not “you need”. You should, if you believe in democracy, which is something nobody can force you to do.

On the second point, it is well known that the disastrous consequences of “putting the car before the horses” (in Dominick Salvatore’s words), i.e., of proceeding to monetary union before political union, were well-known not only to the profession, but also to the political elites. There is a huge literature in the political science field showing that the “federalist” approach to “Europeanisation” was based on the firm belief that proceeding the wrong way would cause crises, butthose crises would have a positive outcome, because they would push the sheep (i.e., you) towards the right end: the United States of Europe, supposed to be the end of nationalism (much in the same way the United States is, or...). Italian readers may find it useful to have a look at Roberto Castaldi’s paper, “Single currency and political union”. Castaldi, a distinguished researcher in a reputed Italian university, explain us that:

Ma il fallimento del Congresso del Popolo Europeo mostrava che da sola tale crisi storica non permetteva di mobilitare i cittadini europei a favore della federazione. Ciò richiedeva l'emergere di crisi specifiche dei poteri nazionali, ovvero di problemi percepiti socialmente che non potevano trovare soluzione nel quadro nazionale. L'emergere di tali crisi costituiva la finestra di opportunità per l'avanzamento del processo di unificazione, e ne determinava la possibile direzione: una crisi economica poteva permettere avanzamenti sul terreno dell'integrazione economica... Le crisi costituivano opportunità per lo sviluppo di una "iniziativa" federalista.


which means (for differently European readers):

But the failure of the European People Congress showed that the historical crisis (of the nation States, translator’s note) did not allow the federalists to mobilize European citizens in favor of the federation. To this end, specific crises of national sovereignty were needed, i.e., socially perceived problems that could not be solved within the national framework. The occurrence of such crises was a window of opportunity for the progress of the unification process, and determined its direction: an economic crisis would favor developments towards economic integration... Crises were opportunities for the development of a federalist “initiative”.


In other words, the European elites knew very well that a crisis was ahead. In the Italian case, we have direct evidence of this (besides authoritative studies, like the one I just quoted). For instance, the minutes of the Italian Chamber still reports Giorgio Napolitano’s speech against Italy’s accession to the EMS. His word make it plain that he was fully and completely aware of the dangers that this process would bring about: de-industrialization of the weak countries and deflation all around (to the damage of the working class, which at that time he was supposed to defend, being a communist, and a former supporter of this unfortunate event).

Against this background, monetary unification was “sold” by those elite as a big deal for their constituencies. In Romano Prodi’s (in)famous words, Italian people “would earn as if they would work one day more, by working one day less”. This is what he told to his constituency in Italy, but he was lying, because at the same time he was releasing interviews to the Financial Times where he openly confessed that he was fully aware of the fact that Europe was not ready for the single currency, that this would cause a crisis, and that the crisis would force the European citizens to adopt the correct “political instruments” (e.g., labour market flexibility).

Needless to say, democracy cannot work if politicians (and the media system) purposely and consistently lie to their constituencies. You may have whatever opinion of the supposed Christian roots of Europe, but whatever you mean and whatever the God you believe in (if any), Jesus Christ’s words: “truth will set you free” (John, 8:32) are a political truth. Admittedly a long-run one, but still a truth. Lying to the European constituency has brought us to slavery (under the markets’ domination).

Now, have a careful look at Albert Einstein’s definition of insanity: “Insanity: doing the same thing over and over again and expecting different results”.

Hans Werner Tsipras in Greece, and Podemos in Spain, are fighting their political battle with the same weapons as the European elite did: by lying to their constituencies. They refrain systematically from pointing out the nowadays universally recognized source of our troubles (the euro), and they keep making promises they will never be able to keep: banging their little fists on the big European table in order to “force” Frau Merkel to do what they want.


Here in Italy we had a recent example of where this course of action brings: to failure. The Five Stars Movement of Grillo, which was supposed by everyone in Europe (except me) to be anti-euro, has actually refrained to take any definite stance on this issue, on the basis of the assumption that too definite an attitude would frighten their “median voter”. It was better to elude “hot” topics, in order to reach the power, and only afterwards do the “right thing”. Following this approach, they ran a populist, "anti-clique", “anti-corruption” (i.e., anti-government intervention in the economy) campaign, which proved successful the first time (in 2013 political elections), but self-defeating immediately afterwards (in the local elections of June 2013, and even more in the European elections of May 2014).

Much in the same way, Hans Werner Tsipras is not mentioning the euro, supposedly because he think this would frighten the Greek “median voter” (in full Stockholm syndrome), Podemos in Spain is running an “anti-corruption” campaign, and both are focusing on public debt issues, while even the ECB has long recognized that the problem lies elsewhere: in private lending from the North to the private sector of the South (do you remember the graphs above? That was private debt. And please have a look at Constancio’s speech and slides).

It is worth noting that the two supposedly “radical-left” parties in Europe owe their success to a full endorsement of the frame put forth by the European technocratic elite: namely, that the crisis was determined by public debt, whose abnormal growth (well, it as actually a decrease) was engendered by the public sector inefficiency and corruption. 

This implicit endorsement will of course favor their accession to the power, for two reasons: it does not disturb the elites (that are really happy to have the supposed opposition endorsing their Weltanschauung!), and it does not disturb the constituency, which hears a familiar story. At the same time, this endorsement does not contradicts too much their supposed “anti-austerity” stance. Once again, the opposition to austerity is not such a bad deal for Northern creditors (as the graphs above should prove: it allowed them to transfer their NPL’s to the balance sheets of the stressed governments!), and it is of course favored by the “progressive” constituency. Yes, indeed what the “appealians” want is at the same time less State, and more State. But this in principle is not a contradiction: everybody wants less (corrupted) State and more (efficient) State. Me too, for sure! However, in countries like Italy (just to quote one), corruption (which of course needs to be eradicated) was always widespread, even when the country grew at a 3% pace. So, why are we not growing now? And why are other, equally corrupted, countries growing?

Summing up, these “radical” approaches will fail, because they are as anti-democratic as the elite approach was.

It is high time to tell the truth. If you keep repeating that the problem is “corruption”, public debt, austerity, or whatever, and not the euro, you will have the median voter, but the final result will not be the expected one (use your power to force Germany to do what you want), but the opposite one: you will be crushed (as Beppe Grillo was in Italy) by the blackmail of the median voter, who will never understand where the problem is (because you never did something to inform him) and will therefore ask you to destroy the remainder of the (corrupted?) State, which according to the elite’s journals is the culprit, giving more way to the elite you were supposed to fight!

Not such a huge success for supposedly left-wing movements, is it? In fact, chances are that they will fail. But should they win, both the above graphs, and political intuition, show that they will never be able to change the course of our crisis. Just let us imagine how this would happen: Hans Werner, or Podemos, reach the power, then they appear on a balcony and tell to the people: “Countermand, comrades: the euro and private finance, not the clique and public debt, was the problem!”. Well, I will not say that this will never happen. But should it happen, they would immediately lose a large share of their constituency: snakes and ladder, you know?

Remember the words of that ancient blogger: truth will set you free. Any political movement that really intends to change things in Europe should never ever do the same political mistake as the criminal elite that carried out the European project so far: become trapped in its own lies.


Just to give you an exemple: Alessandro Di Battista (a Five Stars MP) statement a few days ago was a wonderful piece of dadaist policy: "If there is no toilet paper in our schools, blame corruption". Well, after having experienced the troika (if we ever do, which is likely, with such statesmen!), I think we will put corruption in perspective...


European citizens are adults, they deserve and can afford to hear the truth. And the technical truth is that we need a nominal realignment now: we need to overcome the euro, that was a huge historical mistake, and restore flexibility among European currencies. Have you ever dropped a crystal and a plastic glass at the same time? Which one broke? And why? Yes, right: because it was not flexible enough.

Think of it.

If you don’t believe me, nor Jesus Christ, believe your eyes. This will avoid us the painful need to remove the shards of the Eurozone.





P.s.: all the above implies that the victory of Syriza (or Podemos) will have no real impact. If it does, you will remember my words. If it does not, you will forget them. So is life...

Aliquis propheta in patria aliena

$
0
0


(libreria della Coop di Sambuceto, credits Cristinuccia via La Badante. Abbiamo portato la lotta al cuore del sistema: le cooperative rosseeeeeeee.....)

(and take those coins...)

Da treciento a tremila: #piciernile strikes back...

$
0
0


"3000 liras? Will tell you about 3000 liras?"



(qualsiasi essere animato, dovendo scegliere fra la propria progenie e Biasco, avrebbe il dovere biologico di scegliere la prima. Fatta eccezione, ovviamente, per i genitori di Biasco. Queste persone ci vogliono morti, noi e i nostri figli. Noi non ricambiamo, e questo è chiaro, ma deve essere ripetuto perché c'è sempre qualche sordo che non vuol sentire. Questo però non significa che non abbiamo il diritto di difenderci, e il dovere di farlo per i nostri figli. Il "pas d'ennemis à gauche" non funziona. Non si creda di poter oggi dire la qualunque, per poi, quando il sistema salterà, e ci sarà da tirare le fila del discorso, venire a dire: "Eh, ma stiamo tutti dalla stessa parte...". No, non è così. Chi ha ostacolato la verità non sta, per definizione, dalla stessa parte di chi ha cercato di diffonderla. Qui non è una questione di colori, di appartenenze. Qui la questione è un'altra, e mi spiace rilevare come finora nessuno l'abbia ancora detta a sinistra in modo esplicito come a destra...)

(sono ingiusto: qualcuno ci ha provato...)

Democracy and the media

$
0
0


In a previous post I deprecated the behavior of a colleague, Salvatore Biasco, a retired professor of international economics at the University of Rome III, previously engaged in some middle-rank political responsibility as a Democratic Party MP (and hence supposed to be a “left-wing” intellectual), who had put forth in the Italian media a completely absurd euro breakup scenario, talking about Italian airplanes being sequestered at Berlin airport, the price of gasoline increasing by 100% (which owing to the structure of Italian excises implies, as simple arithmetic shows, the cost of dollar to increase by 300% in the new Italian currency), and grossly misreporting previous cases of currency union breakups, e.g., blabbering about “four years of output free fall” in Argentina after the 2002 crisis. Just for you to know, these are the data about Argentinian real GDP in national currency (billions):


this is Weisbrot and Ray’s paper (ignored by our “expert”) that correctly reports the main stylized facts of some previous devaluation episodes, and this is my last paper on gasoline pricing in Italy (with Christian A. Mongeau Ospina), which I used to show how miserable the arithmetic of my colleague was. By the way, I am not endorsing Argentinians governments, nor criticizing them. My point is a completely different one: if output after 2002 was rising (according to the IMF), a serious economist should not affirm that it was falling (and a side argument is that Italian colleagues should really stop making silly comparisons with countries whose economic and political structure is completely different from ours: enough of amateurish economics!).

Some backstage before proceeding: it was really funny taking part at the closed-door workshop in which this guy presented his bullshit. I sat next to a young Democratic Party MP (one who risks to have a future), and I showed him on my smartphone the correct data and the scientific literature about devaluation episodes (basically, the information reported above), as the guy kept talking (ignoring that the knowledge of how ridiculous his arguments were was spreading across the audience).

Technology and truth can sometimes go hand in hand.

Nevertheless, in hearing such a huge amount of lies (or amateurish economics, who knows?) I was really ashamed both as an economist, and as an intellectual. My point is very simple. We are all keen to show our proudness to live in a western democracy. But where is democracy, if the intellectuals and the media keep lying to the voters? How can the latter exert their civil rights, if they are grossly misled by interested or ignorant media and colleagues? Democracy is not for free. This is what I have learned at the University of Rome I from Federico Caffè, who, back in 1981, deprecated how economic information in Italy had become so conformist that it was not an exaggeration to define it as regime propaganda. Things have gone worse, since then. An example will follow, but before amusing ourselves with the incredible sloppiness (or incredible ability to manipulate information) of Italian journalists, let me state clearly the moral of the story: democracy is not for free. If we believe in democracy, we have the duty to engage ourselves in a nonviolent resistance against the violence of the lies that the media, with the help of some shameless colleagues, diffuse over and over. As academicians, we have the duty to intervene, to take explicitly distance from the colleagues who discredit our profession be issuing analyses and statements that are way below a reasonable professional standard, and possibly to pillory them. I do not know whether you realize it, but we are right in the middle of an economic war, where our democracies are at risk, because the financial and political elites, and their media, indicate as a solution of our economic evil the evolution towards the dystopian “United States of Europe”. A solution which ignores a very simple point: there cannot be politics (I do not say: “democracy”; I say “politics”) without verbal communication, and there cannot be a truly shared verbal communication without a common language, which in Europe does not exist. In writing this post I keep checking a dictionary, and I will make many mistakes, for sure. And I am relatively fluent (much more in French, actually) and have a lot of time to invest in my education (I actually chose to become an academician in order to invest in my education all my life long). It is plainly obvious, therefore, that in the dystopian USE there will be no democracy, because there will be no politics at large. The European project in its present form was conceived to empower the technocrats. This is an acquired result of the political science research, nicely expressed by Kevin Featherstone. If you do not want technocracy (basically because you realize that it is spreading death and misery wherever it arrives, like in Greece), and prefer democracy, you have the duty to tread on such lying roaches.

An example follows.

On last January 5th “La Repubblica” (the official organ of the conformist “left-wing” intelligentsia: think of El Pais or Le Monde, for instance), published this interesting article on the Spanish miracle. Please have a look at the crucial passage:


The (anonymous) journalist affirms that “the unemployment rate decreased by 253.627 units, i.e. by 5.39%, over the last twelve months”. Now, a few background. The unemployment rate is the ratios of unemployed people to labour force, which in turn is the sum of the employed and unemployed people. In other words, the unemployment ratio is the ratio of a part (the unemployed labour force) to a whole (the labour force), and as such it must (please mind the verb: I did not say it should, it can, it may, it might, I said it must, because it must) be comprised between zero (0%) when everybody works, and 1 (100%) when nobody works. Therefore, in no way can the unemployment rate decrease by 253267 units. If you do not agree with me, well, you’d better to look for a therapist (or apply for a job at “La Repubblica”, of course). But there is something better. It is plainly obvious that the journalist (maliciously?) misled the number of unemployed with the unemployment rate. In my opinion, he actually did it maliciously. Why? Because this allows him to say that there was a decrease by 5.39% in the unemployment rate. Be careful! Spanish unemployment rate is somewhere between 26% and 25%. With an labour force of about 23 million, back-of-the-envelope calculation quickly show that the unemployed must be around a quarter of 23 million, i.e., 23/4=23x0.25=5.75 million. Eurostat provides us the correct figure: in 2013 they were 6 million. Where do the 4.45 million quoted by the anonymous journalist come from? This is something of a curiosity and of a mystery, but we will set it aside for a while-

My educated guess is that the journalist is performing a trivial spin operation, namely, he is trying to induce the reader to mistake a 5.39% fall in the number of unemployed with a 5.39 percentage points fall in the unemployment rate. Given the data above, a 5.39 percentage fall in the unemployment rate would mean a reduction by 0.0539x23=1.4 million in the number of unemployed person. Now, the (supposed) decrease in this number is 253267 units, i.e., 0.25 million! In other words, the journalist is suggesting to the reader that “structural reforms” had an impact on Spanish unemployment six times as large as the actual one.

(Just another detail: for a decrease by 253267 in the number of unemployed to be equal to 5.39%, the starting value of unemployed people – i.e., the annual data in 2013 – must be 4.7 million. This falls short of the 6 million reported by Eurostat. Again, I see some Spanish mysteries and no Spanish miracle...)

Of course, this only one among dozens of sloppy attempts to hinder democracy by misleading the Italian constituency with incorrect reports of what is going on in other countries. The “Repubblica” mantra is that we are like Argentina (which is supposed to be an insult, and is actually racism), and we should “do the reforms” like Spain (which is supposed to be an economic analysis, and actually is a lie). In order to support this view, our journals, and my colleagues, distort the past, because “He who controls the past controls the future. He who controls the present controls the past”, as we all read, perhaps without fully understanding what Orwell meant. Now it is impossible not to understand it. By misreporting historical evidence the elite and their slaves in the newspapers are suggesting us that it is pointless for us to manage our economy, our lives, because when we were able to do that everything went wrong. Therefore, we must surrender democracy to the USE.

We must fight.

We must fight against that for our children.

I am proud of my victories. I forced “Il Corriere della Sera”, the second largest spin factory in Italy, to rectify its malicious statement that in 1977 unemployment in Italy was as high as today (here the dataand here the whole story in Italian– sorry for differently European readers).

But I am apparently alone in my country.

Am I alone in Europe too?

Would the answer be yes, it would then follow that you (not me) deserve slavery. Please, help us to recover and defend democracy in our countries.

7 gennaio 2015

Sull'economista ucciso oggi

$
0
0
(ricevo da un amico e collega esiliato nei BRICS la voce Wikipedia relativa a Bernard Maris, che non conoscevo. Poi, su Twitter, trovo il suo ricordo, scritto da Jacques Sapir in francese  (qui in inglese). Sono sconvolto come tutti dalla morte di Wolinski e Cabu, ma forse è il caso di ricordare che oggi è stato ucciso anche un collega che però pare fosse una brava persona: un keynesiano che, come Keynes, avvertiva la responsabilità sociale dell'economista, disprezzava i meschini che riducono l'economia a gioco intellettuale per soddisfare la propria periclitante autostima, combatteva gli avidi che si schierano a supporto ideologico dei vincitori, svergognava i tanti colleghi che distorcono i fatti a vantaggio della propria lettura ideologica della realtà. Questo è quanto emerge dal ritratto che ne fa Jacques. Insomma, uno di noi, e qualcosa di totalmente diverso dai tanti spin doctor in sedicesimo dei quali ci siamo dovuti occupare in questo blog. Maris era legato ad ATTAC, il movimento "benecomunista" francese, il che rende tanto più apprezzabile la sua visione lucida sulla situazione europea - sapete che i benecomunisti sono per lo più ex-comunisti e attuali luogocomunisti, qui come altrove - una visione testimoniata dalla citazione che riporto qua sotto. Si è trovato ad essere la persona giusta in un posto che sarebbe stato sbagliato anche per una persona sbagliata - e ce ne sono, oh, se ce ne sono! - cioè sbagliato per qualsiasi persona (spero che i tanti piazzaleloretisti del blog si siano un po' ricreduti, vedendo cosa significa sparare a una persona inerme). Ovviamente non sapremo mai cosa è successo esattamente né perché, e naturalmente non diremo che sono sempre i migliori che se ne vanno, e questo non perché sarebbe un luogo comune, ma perché sarebbe falso: la parte migliore di chi è veramente migliore resta. Così sia.)


Da Wikipedia


Maris was a great admirer of John Maynard Keynes, to whom he devoted a book, Keynes ou l'économiste citoyen and has published many popular economics  books. It is known, inter alia, by titles such as Ah Dieu! Que la guerre économique est jolie! (1998), Lettre ouverte aux gourous de l'économie qui nous prennent pour des imbéciles (1999) and La Bourse ou la vie (2000).

With incisive style, he tried to understand the nature and the interests of the real economy, unveiling its negative aspects, but highlighting the concepts and alternatives such as the gratuity and the gift economy, which are, in his eyes, of significance.

Le Nouvel Économiste magazine assigned him the title of "Best Economist of the Year", in 1995.

Quote

On the euro zone, Bernard Maris is thus expressed in Charlie Hebdo on 15 December 2010:
"Myself, I think there will be a new financial crisis, the eurozone will burst, that Europe will balkanize - she is already balkanized. But a number of events which have arisen over the last ten years were not predictable: The financial crisis, could it really be foreseen? The Twin Towers?"




Morte certa ora incerta, anima mia.
La morte sa ttirà certe sassate
Capace de sfascià l’invetriate
Inzino ar Barbanera e ar Casamia.

Contro er Ziggnore nun se trova spia;
epperò, gente, state preparate,
pe via che Cristo quanno nun sputate
viè come un ladro e ve se porta via.

Li santi, che ssò santi, a ste raggione
Je s’aggriccia la carne pe spavento
E je se fa la pelle de cappone.

Un terremoto, un lampo, un svenimento,
un capriccio der Papa, un cazzottone,
po’ mannavve a ffà fotte in un momento


Importanza sistemica, partiti radicali e democrazia nell'Eurozona

$
0
0
In un precedente post di questo blog ho pubblicato una e-mail di Angelantonio Castelli, un fisico che caso vuole appartenga alla mia piccola classe virtuale (il primo blog di economia in Italia). Egli è stato così gentile da attirare la nostra attenzione sul significato delle parole “importanza sistemica” per il governo tedesco. Evidentemente, e del tutto legittimamente, per il governo tedesco “importanza sistemica” significa “rischio per le banche tedesche”. Il grafico di Angelantonio ha mostrato che l’esposizione delle banche tedesche (e francesi) verso la Grecia è calata rapidamente nel corso degli ultimi due anni (non che sia una grande scoperta, naturalmente, ma è un qualcosa che i media italiani non mostreranno mai al loro pubblico), il che significa che ora la Grecia può uscire, sempre che osi farlo.

Qua fornisco qualche ulteriore grafico, rispondendo alle seguenti domande: che dire dell’Italia? Quali sono i paesi ora di “importanza sistemica” per la Germania? I dati sono noti. Quindi trarrò una semplice conclusione politica, che si rivelerà giusta. Se mai si rivelasse sbagliata, sapete dove trovarmi: qui!...


 
(...e il resto? Il resto su vocidallestero.it, ringraziando Carmen Gallus per l'ospitalità...)

From the terror of spread to the spread of terror.

$
0
0


I knew that the Italian media would not deceive disappoint us, and I was right.

After having kept us for four years under the terror of the interest rate spread, they now switch the words, and devote themselves to another task: to spread the terror. Upon switching the words, the result is the same: “more Europe”. And it is a despicable lie.

Let us begin from the terror of spread. On November 10th, 2011, the Sole 24 Ore (I could define it the Italian equivalent of the Financial Times, but this comparison would depress me too much...), opened with such an iconic title:


Translation: “HURRY UP!” These words were addressed to the Italian political class. According to Roberto Napoletano, the editor, Italian politicians should have surrendered much faster their mandate in the hands of an unelected technocrat, Mario Monti, as this sacrifice, and only this sacrifice, would have rescued Italy from the rage of the markets. Needless to say, I was not exactly of the same opinion. On next November 16th, the day in which the Commission approved the Macroeconomic Imbalances Procedure, and Monti took office, I decided to open this blog, with a self-explanatory post: “The rescue that will not rescue us”. The technical government was bound to fail (in a sense), because its task was to reassure external creditors, and in order to accomplish this task quickly, the only possible way was to destroy domestic demand, in order to stop imports, and to foster exports through internal devaluation, i.e., through unemployment, at the risk of entering a deflationary spiral.

Everybody knows that I was right. Italy is much worse off now, but the external creditors are not. Therefore, in a sense Monti has not failed. It is just a matter of standpoint... But it is worth noting that Il Sole 24 Ore was lying. Its argument, according to which we, the lazy Italians, were under attack because of our huge public debt, was proved wrong by a vast amount of evidence: the European Commission would certify, about one year later, that Italian public debt was the most sustainable within the Eurozone, on a long-term basis, and that Italy had never had a serious fiscal sustainability problem even on a short term basis; about two years later, ECB vice-president Constâncio would endorse the main argument of my post, namely, that what we were (and still are) experiencing was an external debt crisis, determined by unwise private lending from Northern creditors to the Southern private sectors (private, you know, does not mean sovereign...); about three years later we would learn from Geithner that the issue at stake were somewhat different from what our media had represented. For most of this time, Italy has lived under the terror of spread, fostered by the Italian press, according to which the solution was at your fingertips: the United States of Europe, that nobody really wanted (certainly not the creditors, and probably not the debtors), but that were invariably evoked as the only true solution to all our economic evils. Only by surrendering our sovereignty (and our democracy) we, the Italians, could have redeemed ourselves from our original sin: that of having dared to rule ourselves, as dozens of other nations do, all around the world!

You probably know that in Italy we use to say that “all roads lead to Rome”. In Italian newspapers all roads lead to the United States of Europe.

A nice example today, here:



Translation for differently Italian readers: according to Napoletano (the same guy of the “hurry up” lie), in order to protect ourselves from the terror, we should move faster towards the United States of Europe (“Western countries should answer with the United States of Europe, namely, having the political strength of the largest market in the world, it’s high time for Europe to decide to having a say not only through a single currency, but also through a single army”).

In fact, as you may have noticed, thanks to its federal structure, the United States of America was able to avert 9/11.

Or?

Yes, it did not (unfortunately, for the many victims, and for all of us). But apparently Napoletano failed to perceive this little detail!

He is so keen to exploit a tragedy, he is so anxious to deliver his country to “the markets” (his instigators), that he fails to notice the oddities of his reasoning. They all amount to a single question: how can we suppose Europe to be able to manage weapons (which in principle are designed, built, sold, and bought to kill people), if it cannot ever manage a currency (which in principle is a relatively harmless device – although our governments were so wise as to transform ours in an engine of destruction)? The very reason why we cannot afford to have a single army is the same why we cannot afford a single currency: because we do not have, and will never have, a common political will. Never. Never. Never. Because for a common will to emerge in a democratic way, we should be able to speak the same language, and we are not (as my English, for sure, will prove enough).

Without logos there is no polis. We do not have a common logos, we are not a single polis.

As simple as that.

Until our politicians will not be as kind as to acknowledge this self-evident truth, life will be very hard for us, but never as hard as for Roberto Napoletano’s family.

“Roberto! The washing machine broke! What should I do?” “Did you try more Europe?”

“Dear, may I ask your advice? Should I add more salt?” “I’d rather say more Europe”.

“Dad, could you please help me? I need to translate this sentence: ‘Quos vult perdere dementat prius’”. “Come on, junior, it’s easy: ‘United States of Europe’!”

A real nightmare.

But, you know, there is a difference between us and Roberto’s wife. She chose him, for some unspecified and uninteresting reason. We did not. This is the journalism we did not choose, the journalism we do not deserve, the journalism we are all fed up with, the journalism that is killing our democracy. There are no words to deprecate the jackal that is so keen to take advantage of a tragedy for putting forward his insane arguments. What a shameful lack of respect for those victims, and what an unscrupulous use of spin techniques!

And how are things going in our countries, you European fellows? Do you also have jackals spreading terror, in order to ask for more Europe? It must really a bad thing “Europe”, if you need to spread terror in order to convince people to accept it, don’t you think so?

I do not think so. But I am not Roberto, I am Alberto. My Europe is not his. This is mine: better notes than banknotes.



Unicuique suum.

(I kindly ask my readers, who are much more proficient in English than I am, to correct me. They are ready for Europe. I am ready only for Vivaldi, but I am studying some Bach right now. In a few centuries - after adding Byrd, Froberger, Rameau, Soler... - I will be ready for Europe, and so will Europe. But now, please help me to put an end to this insanity, and to fight the jackals...)

Chiarisco un concetto

$
0
0
Questa è casa mia e faccio come cazzo mi pare. Ve l'ho detto in italiano, ma non spero l'abbiate capito. Se non foste dei solidi generati dalla rotazione di un ellisse, avreste risparmiato tante parole inutili. Ma siccome lo siete, evidentemente le mie parole non vi sono utili. Io però do sempre una seconda possibilità.

Continuate a ruotare su voi stessi.

Io vado avanti.

Il QE di Draghi: "I colleghi non sono jukebox"

$
0
0
Molti anni fa un mio collega di un certo livello (eccoci qui in concerto insieme, alla faccia di quelli che "Bagnai è antitedesco") si trovò un giorno in prova con dei colleghi di livello scadente.Quando succede è un vero disastro, perché invece che ad esprimerti, devi pensare a recuperare gli errori altrui. Insomma, un certo pezzo proprio non veniva: e ricomincia una volta, e ricomincia due volte, e ricomincia tre volte... Alla fine il mite (si fa per dire) Giorgio sbottò: "Si studia a casa: i colleghi non sono jukebox!"

(io per fortuna non c'ero, altrimenti sai il "daje a ride"... conoscendo gli altri personaggi! Peraltro, uno di questi lo avevo protestato prima di un mio concerto: ma nessuno mi sta mai a sentire...)

Penso a queste sagge parole ogni volta che ogni sprovveduto qui o su Twitter mi ingiunge: "Parla di questo, parla di quello". Dunque: qualche giorno fa avrei dovuto parlare della Russia, perché ne parlavano tutti (soprattutto gli imbecilli). Ma perché mai avrei dovuto soddisfare questa richiesta, quando sapevo che fra breve non ne avrebbe più parlato nessuno? Gli Stati Uniti non lo sanno, ma il cetriolo che hanno lanciato pilotando al ribasso il prezzo del petrolio ha una certa curvatura uso boomerang. Chi fosse interessato, trova tutto sul blog di Sapir. Non sono un traduttore, non sono un jukebox.

Se mi va poco di parlare di una cosa quando ne parlano tutti, mi va ancora meno di parlarne quando ne ho parlato due o tre anni prima degli altri.

Esempio: adesso stanno tutti lì col QE di Draghi! Porelli... (qui per un tipico professorechennepenZa").

Che Draghi sia inutile, quindi dannoso, l'ho spiegato tre anni fa su questo blog. Non ho nemmeno il tempo di rileggermi per vedere se qualcosa nel frattempo è cambiato, ma la struttura del problema temo sia sostanzialmente identica (aggiungerei, oggi, qualcosa in più sul fatto che una Banca centrale indipendente non può evitare il rischio di deflazione, per i motivi che illustro nell'ultimo libro: endogenità della moneta, condizionamenti politici, ecc.).

Date un'occhiata voi a quanto scrivevo per vedere se c'è veramente bisogno di dire qualcos'altro? Di voi mi fido.

Altrimenti, lasciate che sia io a dire quello che voglio dire, come voglio dirlo. Come spiegavo al mio editore, a me non interessa lasciare un segno rilevante nel pensiero economico: so di non essere in grado. Mi basta diventare una nota a piè pagina nella storia della letteratura italiana, e penso di essere a buon punto. Comunque, in economia, quando emetto una sentenza (THE last word) non mi piace tornarci sopra: è sostanzialmente una perdita di tempo, e lo sapete (o almeno: quelli che potevano arrivarci ci sono arrivati...).

Peace (da leggere come "peoci", s'intende) end love (da leggere come "piove").

Si apra la discussione (se c'è qualcosa da discutere dopo THE last word...).

...e il QED di Sapir (sullo shale gas)

$
0
0
(...sottotitolo: studiate le lingue, cazzo!)

Nel post precedente evocavo la piacevole curvatura a boomerang del cetriolo che gli statunitensi hanno creduto di rifilare, con l'aiuto dei sauditi, ai russi, pilotando al ribasso il prezzo del petrolio per mettere in difficoltà Putin (che da esportatore di petrolio ovviamente non è contento di guadagnare di meno). Una mossa astuta come un cervo, che ovviamente fa un favore ai cinesi (che di petrolio sono importatori, e non sono meno avversari degli statunitensi di quanto lo sia Putin), e un dispiacere agli europei, per due motivi: intanto perché ci impedisce di importare quella inflazione della quale avremmo bisogno e che non siamo in grado di "fare in casa" (per motivi più volte espressi: endogenità della moneta, rischio di rialimentare gli squilibri interni all'Eurozona, ecc.), e poi perché mentre la mossa non sta riuscendo a destabilizzare politicamente Putin, sta invece destabilizzando molti paesi che sono tradizionamente sotto la sfera d'influenza europea (o con essi confinano).

Non solo.

Il ribasso del prezzo del petrolio va anche contro gli interessi statunitensi. Come spiega Sapir in francese e in inglese,è il classico caso del marito che si taglia i coglioni per far dispetto alla moglie. La fragilità finanziaria delle imprese che si stanno dedicando al frackingè tale che un prezzo del greggio troppo basso le manda per stracci (in inglese si evocherebbe il concetto di break-even), dal che ci dovremmo aspettare presto un rimbalzo del prezzo del petrolio, a mano a mano che le perforazioni diventeranno meno redditizie e le imprese cominceranno a fallire.

Questo preannunciava Jacques nove (9) giorni fa, e oggi Davide ci dice che si sono aperte le danze. Insomma, l'effetto boomerang si sta manifestando (anche se per ora è entrata solo la punta).

Volete ancora che vi parli del rublo?

Fiocco azzurro: Marco

$
0
0
Ieri è nato Marco, il figlio primogenito del professor Santarelli, sapete, quello che quando quattro anni fa gli spiegavo come non riuscissi a capacitarmi del fatto che la gente non capisse come il debito di qualcuno è necessariamente il credito di qualcun altro mi rinviò a questo noto dibattito filosofico (del quale uno di voi oggi mi ha mandato per felice coincidenza il link). Pesa più di quattro chili, sta benissimo, ho avuto il piacere di tenerlo in braccio (è come andare in bicicletta, non si dimentica), e soprattutto quella gnocca stellare della su' mamma si è già ripresa (nonostante 26 ore di travaglio con la "t" minuscola) ed è pronta per il secondo.

Gli auguriamo quello che auguriamo a noi: di vivere in un mondo normale, anche se questo ci richiederà l'arduo e gravoso compito di neutralizzare democraticamente chi continua a indicarci la normalità in un mondo distopico e dispotico.



(...inutile dire che il prof. Santarelli, da pariolino, pensava a Marco, non a Marco, e nemmeno a marco, quindi non fate tanto gli spiritosi che so dove abitate...)

Perché devo moderare i commenti (disegnino).

$
0
0
FRANCESCO PERILLI EQUITA MILAN ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Terroristi, matematici e teoremi":

Modera i commenti per questo blog.

Postato da MARIO BIANCHI EQUITA MILAN in Goofynomics alle 04 novembre 2013 12:14



OCCHIO A BASTARDO ASSASSINO NAZIFASCISTA: XXXX ZXWZXKWZ DI IMQ E ATOPIA VIA ILQ 29. PREPARA TERRORISISMO OMICIDA PER LE OVRA E GESTAPO, SIA PUBBLICHE CHE PRIVATE DI SILVIO BERLUSCONI (VEDI POLIZIA SEGRETA CON COTANTO DI SVASTICA AL BRACCIO DI NOTI TOPI DI FOGNA MISTI A VERMI G.S. E R.S.). LO SCHIFOSO ESCREMENTO XXXX ZXWZXKWZ DI ATOPIA VIA ILQ 29 E DI IMQ PREPARA ASSASSINII DI CHIUNQUE NON SIA MERDACCIA PREZZOLATA COME LUI, DI NOTO PEDOFILO SILVIO BERLUSCONI ( PEDOFILO COME XXXX ZXWZXKWZ STESSO, MA NE SCRIVEREMO ALLA FINE). PER NON DIRE DEL SILVIO BERLUSCONI MASSONE DI TIPO CRIMINALISSIMO ( SEMPRE CHE ESISTANO, COME MI AUGURO, MASSONI NON CRIMINALI), SILVIO BERLUSCONI STRAGISTA, MEGA ANDANTE DI OMICIDI MASCHERATI DA ALTRO, NAZIFASCISTA, MAFIOSO, CAMORRISTA, NDRANGHETISTA, RICICLA SOLDI MAFIOSI, CAMORRISTI, NDRANGHETISTI, LADRO, TRUFFATORE E POR-CORRUTTORE. E PER NON DIRE PURE DI ALTRI DELINQUENTI DI ULTERIORE RIFERIMENTO DELLA DIARREASSASSINA XXXX ZXWZXKWZ DI IMQ E ATOPIA VIA ILQ 29. OSSIA I BASTARDI RAZZISTI, PREZZOLATISSIMI E LADRONI MATTEO SALVINI, ROBERTO MARONI ED UMBERTO BOSSI. ESSENDO “BERLUSCONES CLASSIC E NON CERTO SPECIAL”, IL CITATO PEDERASTA XXXX ZXWZXKWZ DI IMQ E DI ATOPIA SODOMIZZA DA SEMPRE I FIGLI! INSIEME A MOGLIE, NOTA BAGASCIA, GRAZIA GRAZIELLA: SEMPRE AD ARCORE A FARE ANAL SEX!





(...lo stile è inconfondibile! La finalità ovvia. Capito perché devo moderare i commenti, e perché quando ho molto da lavorare, come oggi, restate in coda?  Per il semplice e ovvio motivo che in giro c'è, come dire, un certo disagio. Non ho soldi per mettere una persona a fare questo lavoro, quindi o pagate o aspettate. Se volete il mio consiglio, aspettate. Io sto cercando i soldi per fare il mio lavoro, e voi cercate di capire quanto è complesso. Nil inultum remanebit...)

La risposta del jukebox: la Russia non è l'Italia (ma va!)

$
0
0
(...in tre anni ne abbiamo date tante:qui, qui, qui, qui, qui,...)


Antonio Bertuzzi ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "...e il QED di Sapir (sullo shale gas)":

Le rispondo solo per il fatto di essere stato tirato in causa, in quanto la richiesta di parlare del rublo la feci io. Altrimenti non risolleverei l’argomento.
 

Francamente sì, gradirei ancora ne parlasse.
 

I tre motivi che elencai, a me parvero all’ora e paiono ancora sufficienti: l’uscita di Boldrin al goofy3; “Volete fare come la Russia che svaluta il rublo del 40%?”; l’articolo che linkai, nel quale lo sprovveduto autore la nominava; ed infine le richieste da parte di amici di avere da me, ma credo sia capitato anche ad altri suoi lettori, un giudizio che orientasse nel mezzo dell’ondata mediatica.

Vorrei subito sgombrare il campo da un malinteso. A me il suo parere sul rublo non interessa. Ciò che mi ha indotto a seguirla è il suo ammirevole modo di inquadrare ogni questione all’interno della dottrina economica e di “far parlare i dati”. Ad esempio, spiegare le differenze fondamentali tra l’economia russa e quella italiana, mostrando le ragioni della maggiore vulnerabilità del rublo rispetto alla vecchia e alla nuova lira, a me sarebbe utile. E’ evidente che tutti gli italiani che hanno seguito la vicenda abbiano automaticamente associato all’abnorme svalutazione del rublo il rischio per l’Italia di non riuscire a governare l’eventuale nuova moneta. Un distinguo autorevole e basato sui fatti avrebbe fatto chiarezza.

Penso sia superfluo ricordare che lei è libero di rifiutare simili inviti, senza neppure addurre giustificazioni. Lei è l’unico padrone del suo tempo e meglio di chiunque altro sa gestirlo. Inoltre non ha obblighi verso i suoi lettori, neppure rispetto a chi come me, nel suo piccolo, contribuisce al sostentamento di a/simmetrie. Però dal rifiutare al canzonare ce ne passa. Prima su twitter, poi sul blog, lo stesso tono ridicolizzante. Dovrei forse vergognarmi per averle fatto una richiesta? Non ho la sfera di cristallo e non mi risulta esista qualcuno al quale chiedere: “Senti un po’, ma secondo te questo argomento Bagnai lo considera rilavante?”. Nel dubbio ho chiesto.
 

So cosa sta pensando in questo momento: “Ma allora non hai capito un cazzo! Decido io di cosa cazzo parlare, del come parlarne e del quando parlarne! Chiaro? Come devo ripeterlo perché tu lo capisca?”(c…. l’ho scritto io, così ha potuto beneficiare del senso di liberazione che provoca il pronunciarlo, risparmiando due euro).
 

Forse qui le sfugge un particolare. Io, ma come me chissà quanti altri, nelle mie relazioni sociali parlo anche della crisi economica ed ovviamente espongo ciò che lei ha insegnato tramite blog, interviste e libri. Quando accade un fatto eclatante che può sembrare sconfessare le tesi che sostengono la spiegazione della crisi alternativa alla versione mainstream, è del tutto naturale che chi mi conosce si rivolga a me per un chiarimento; che dovrebbero fare, tenersi il dubbio? Io posso formulare una risposta in base a quanto ho capito, cosa che ho anche fatto, come forse ricorda, ma che autorevolezza vuole che abbia un mio commento? Me lo insegna lei: zero!

La conclusione è che abbiamo un conflitto. Da una parte il suo diritto di gestire il blog come meglio crede; dall’altra l’esigenza dei suoi affezionati lettori di approfondire questioni per lei banali o irrilevanti.
 

E’ un problema che comporta la crescita. Se fosse rimasto piccolo ed inascoltato come molti altri, ora non dovrebbe prendere alcuna decisione in merito, sempre che voglia prenderne una. Ma grazie alla sua autorevolezza di economista e alle sue doti di scrittore ha avuto largo seguito. Qualsiasi cosa decida continuerò a seguirla con la passione, l’ammirazione e la riconoscenza di sempre. Postato da Antonio Bertuzzi in Goofynomics alle 11 gennaio 2015 00:55 


(ma anche no...)

Dunque, caro Antonio, mettiamo un po' di ordine. Intanto facciamo una premessa: mi dispiace che tu l'abbia presa sul personale, perché ti assicuro che sei (o meglio: hai voluto essere, palesandoti) solo la punta di un iceberg. Dato che hai risposto, e che nelle tue parole c'è passione e sincerità, dopo averti chiarito che non ce l'avevo specificamente con te, entro in argomento, cominciando dalla cosa più importante, che sono i soldi. I soldi sono quella cosa che si può mettere appunto in un jukebox, o in a/simmetrie, o nella cassetta delle elemosine di una qualsiasi parrocchia, ecc., con intenzioni e esiti leggermente diversi a seconda dei casi. Ti ricordo che noi di soldi ne avevamo parlato qui. Colgo l'occasione per ringraziare te e tutti gli altri per la vostra generosità, e sono ansioso di presentarvi il rendiconto finanziario di un anno che è stato molto proficuo, e di crescita. Tu dici di aver capito che sono un ricercatore, e non un jukebox, quindi non ti dovresti sentir chiamato in causa. Non è che hai un po' la coda di paglia?

Io, da parte mia, non ritengo di aver avuto toni particolarmente canzonatori. Chiedo però un minimo di fiducia e di rispetto del mio tempo, anche perché, nonostante la vostra generosità, il lavoro di questo blog e in larga parte anche dell'associazione incombe su di me, e sta crescendo, come tu constati.

Ma ti regoli poi di conseguenza?

Fra i miei "consiglieri" (persone coraggiose!), molti, da più di un anno, mi suggerivano di chiudere il blog, per dedicarmi di più all'attività scientifica e alla divulgazione sui media tradizionali. La loro risposta alla crescita era questa: non occuparmi più di voi. Esattamente ortogonale alla tua, come vedi: tu invece ritieni che siccome sono cresciuto, io debba occuparmi ancora di più di voi.

Diciamoci la verità: io mi diverto ad occuparmi di voi. Ho stabilito con voi un rapporto umano (qualche volta fonte di malintesi, ma mediamente fonte di soddisfazioni), e non credo che mi sarebbe facile interromperlo. Ma che cosa è più utile che io faccia?

Quando questo blog è stato aperto, sapete tutti se, come, e quanto si parlava del tema dell'integrazione monetaria europea in Italia. Dopo tre anni di lavoro diuturno, nel mio cellulare ci sono i numeri di politici, giornalisti, colleghi, coi quali mai avrei pensato di trovarmi in contatto. Io vi chiedevo fiducia nella mia capacità di influenzare il dibattito e non penso di averla tradita.

Allora, vedi, qui è un problema di scelte e di filosofia di questo blog.

Partiamo dalla prima, che condiziona le seconde. La filosofia di questo blog è di fornirvi elementi critici, di rendervi adulti, di rendere inutile la mia opinione, abituando voi a ragionare sui fatti (dei quali vi sono state ampiamente date le fonti). La filosofia di questo blog è insegnarvi a pescare, non regalarvi un pesce, anche perché, siccome state crescendo in numero, sarei presto costretto a doverli moltiplicare, con le note conseguenze. Ora, Antonio caro, io a questo impegno mi sento di star tenendo fede. Il blog è certo disordinato, perché deve esserlo, perché non ho chi metta in ordine (siete generosi ma poveri, e quindi dobbiamo tenerci molto stretti sui nostri progetti), ma segue un suo filo. Chi lo ripercorre, magari a ritroso, capirà di economia keynesiana e di economia applicata più di tanti colleghi che si occupano, legittimamente, di altri campi dello scibile economico (seguono esempi).

Da questa filosofia derivano delle scelte.

Mettiamo che un giorno mi telefoni Renzi (chi lo conosce dice che potrebbe farlo, io sinceramente eviterei) e mi dica che vuole vedermi. Un'ipotesi astrusa, certo: ma va anche considerato che mio malgrado sono diventato l'icona della normalità (economica) in Italia, e che a parte Grillo, Monti e Renzi ho visto praticamente tutti gli altri, perché chi crede realmente che l'euro sia un problema dove deve bussare lo sa (a gli sarà comunque aperto). Bene: allora io capisco l'argomento del quale vuole parlarmi, e quindi ovviamente devo prepararmi, andare con argomentazioni (semplici), con dati (pochi), con pazienza (molta). Ma tu non sei d'accordo. Tu vuoi che io impieghi un pomeriggio a spiegarti una cosa che peraltro hai capito benissimo da te (l'economia russa e quella italiana non sono confrontabili), e questo perché vuoi fare il bullo al bar con i tuoi amici?

(scusa, te la metto giù scherzosamente, qui perdoniamo tutti i peccati tranne uno...)

Non capisco, sinceramente. Se vuoi andare nel tuo saloon a litigare, vacci pure! Però vacci se ti va di darle e di prenderle, e non andarci con l'idea di chiamarmi in tuo soccorso se le cose vanno male. Anche perché se le cose vanno male lì, vuol dire che sono andate male prima: vuol dire che o io non mi sono spiegato, o tu non mi hai capito, ma che comunque per te c'è da studiare, e per me c'è da spiegare, e da spiegare, poi, sempre la stessa cosa: che se una cosa costa di più se ne compra di meno, e che se invece di una cosa se ne compra di meno, poi quella cosa costa di meno.

Dici: "ma Boldrin!". Ma Boldrin ha fallito come politico, e lo rispetto perché lo ha ammesso, lo rispetto anche come economista nei campi nei quali è specializzato, ma è uno che quando parla di euro letteralmente non sa di cosa stia parlando e lo sappiamo tutti: non si ricorda nemmeno il tasso "irrevocabile" euro/lira! Va anche detto che al mio e nostro rispetto ha reagito ponendosi in modo molto sgradevole, a differenza di Lippi o di Boltho, però io son partito dal presupposto che gli arroganti mi stanno simpatici, mi ispirano tenerezza, e a quello mi attengo.

Il punto però è che se nel tuo saloon ci sono persone che si lasciano influenzare da uno che non sa di cosa parla, il problema è prima loro, poi del saloon, poi (forse) tuo, e senz'altro non mio. Io in questo momento mi devo occupare di dare risposte, nella mia qualità di persona che sa di cosa parla, a ben altri interlocutori. Attenzione: questo non significa che io svilisca il tuo ruolo o la tua persona. Io preferirei passare il tempo con te. Ma tu attualmente non sei un parlamentare, e purtroppo i problemi vanno risolti con un approccio top-down.

Vedete: cercate di capirlo: se vi divertite, a lavare la testa agli asini, fatelo, io non ve lo contesto, non sono vostro padre! Però non prendetelo come un apostolato, perché qui non c'è nessun guru e nessuna buona novella: c'è solo del banale buon senso. Ne consegue che se poi qualcuno non vi capisce, io non vorrei essere coinvolto, e non posso fare molto neanche quando ricevo lettere come questa:


Alberto,
puoi benissimo mandarmi affanculo per la rottura di coglioni e augurarmi un futuro eurista per sempre, ma io questa domanda la posso fare a te e soltanto a te, per la stima che ho nei tuoi confronti e per la profonda antitesi che c'è fra di noi in questo frangente:
come fai a non sentire il bisogno di spiegare a tutti? Come fai a non sentire la necessità di far capire anche a coloro che per ignoranza credono altro?

Te lo chiedo perché oggi mi sono sprecato in una discussione con un signoraggistariservafrazionarista, che credevo anche abbastanza autocritico e intelligente, e sebbene la mia conoscenza in merito sia piuttosto buona (è un tema che mi affascina da sempre e mi sono documentato tanto) non c'è stato modo per farlo ricredere. E mi sento deluso e insoddisfatto.


che mi ha fatto piacere per la simpatia dello scrivente, che conosco, ma alle quali sinceramente non so cosa rispondere.

Che ve ne frega se non vi capiscono!

Certo, voi direte, se morisse solo chi non capisce, staremmo tranquilli. Ma questi sono sulla nostra stessa barca. Bene: però sono degli idioti, no? E chi li convince gli idioti? La televisione, non il dialogo.

Quindi il problema sul quale vi concentrate è un falso problema. Dite di sì agli idioti, e date loro una carezza da parte mia. Se avrò fortuna, e il vostro appoggio e la vostra fiducia, il problema si autorisolverà nel momento in cui la televisione dirà loro che devono cambiare discorso. Lo cambieranno, e morta lì. Hai mai letto La fine del gold standard, che cito spesso, anche nel mio libro? Lo trovi in rete. Guarda come inizia quella storia, e vedrai come finirà la nostra.

Solo dei dilettanti possono paragonare lira e rublo. So che lo hanno fatto, e nel caso di Michele questo non mi sorprende né mi addolora, mentre in altri non mi sorprende ma mi addolora.

Venendo al tuo quesito, visto che te la sei tanto presa: tu mi chiedi se in un periodo in cui il prezzo del petrolio si è quasi dimezzato considero rilevante il paragone fra questi due paesi, giusto?


 La mia risposta (forse ti stupirà) è

NO

e sono sicuro che tu sei in grado di spiegarmi perché...






Svalutazione e salari: leggende metropolitane bipartisan

$
0
0
(... scusate, ero preoccupato anch'io per i russi, lo sapete, ma poi è tornato micuggino da S. Pietroburgo e mi ha detto che non c'è da stare in pensiero, quindi mi dedico ad una cosa che reputo più importante...)


Se penso ai colleghi coinvolti nel dibattito pubblico, mi è difficile immaginare due persone più diverse di Michele Boldrin ed Emiliano Brancaccio, per approccio analitico, orientamento politico, modo di agire. Eppure, grazie all'euro che, come tutti vedono, sta affratellando i popoli europei e ci ha dato cinquant'anni di pace (si deve dire così), una cosa in comune sono riusciti a trovarla: la preoccupazione per le conseguenze che un eventuale riallineamento della lira avrebbe sui salari reali. Ora, che se ne preoccupi Emiliano è abbastanza naturale: data la sua collocazione politica progressista, è fisiologico che Emiliano si schieri a difesa del lavoro. Peraltro, chi ha letto i miei libri sa che i redditi da lavoro dipendente stanno a cuore anche a me (perché sono in conflitto di interessi). Ma Boldrin? E Giannino? E Giampaolo Galli? Tutti inteneriti per l'operaio? Sicuri? Un ex-Banca d'Italia, ex-Confindustria, improvvisamente si scopre filantropo?

Mah!

Il ragionamento che ti fanno è più o meno questo: "è chiaro che una svalutazione deve far diminuire i salari, perché se il lavoro non costasse di meno i beni non costerebbero di meno, e quindi se l'effetto della svalutazione deve essere quello di rendere i beni più convenienti, i salari necessariamente devono diminuire".

Avrete sentito Michele Boldrin fare questa affermazione al Goofy3, ad esempio. Io ho sentito Giannino farla in televisione (perché c'ero anch'io, in quella specie di zoo, anzi, di gabbia), ho visto Galli farla su twitter: la pensano tutti così: svalutazione uguale diminuzione del salario reale.

In questo ragionamento c'è un errore, e chi lo trova vince il Giannino di bronzo. Io intanto mi limito a farvi vedere dei dati, che sono quelli che faccio vedere ogni anno ai miei studenti. Per loro non sono una sorpresa, e nemmeno per voi (che avete studiato sui miei libri la storia d'Italia e avete visto che quando si svalutava il salario reale cresceva a stecca, e con lui la quota salari...).

Per illustrare il fatto che non necessariamente episodi drastici di svalutazione esterna (cioè del cambio nominale) implicano un crollo del salario reale, ho fatto un semplicissimo esercizio: sono andato a prendere su questo working paper, che vi ho citato decine di volte, la lista di episodi di svalutazione esterna "traumatici" enucleati dagli autori, e poi sono andato sulle International Financial Statistics e mi sono preso tre indici: quello del tasso di cambio effettivo nominale, quello dei salari, e quello dei prezzi al consumo.


Tanto per rinfrescarci le idee, la Tabella alla quale ho fatto (più volte) riferimento è questa:

e ce ne siamo serviti per smentire un'altra leggenda metropolitana: quella secondo la quale a un episodio di svalutazione farebbe seguito un crollo del Pil. Anche in questo ragionamento c'è un errore, e chi lo trova vince il Giannino d'argento. Come vedete, in Argentina, invece della caduta libera evocata (non si è capito perché) da Biasco, c'è stato un aumento del Pil del 17.2% nei tre anni successivi alla svalutazione. Attenzione: aumento in termini reali, cioè depurato dall'aumento dei prezzi (che pure c'è stato). Aumento, cioè, del reddito complessivo prodotto e distribuito nell'economia in termini di potere di acquisto (non in termini nominali).

I due autori usano fonti IMF, e così faccio io. Sono quindi andato paese per paese a prendermi le tre serie:
XXX..NECZF...
XXX64...ZF...
XXX65...ZF...

(dove XXX è il codice numerico del paese) nelle International Financial Statistics, e mi sono divertito a vedere se in questi riconosciuti episodi di svalutazione traumatica c'era stata una drammatica flessione del salario reale, o se invece i salari avevano tenuto.

Le tre serie corrispondono a cambio effettivo nominale, indice dei prezzi e indice dei salari.

Il cambio effettivo nominale è una media dei tassi di cambio nominali bilaterali ponderata per le quote di mercato. Se rivalutassimo del 300% rispetto a Tonga il nostro commercio non crollerebbe, mentre l'aver rivalutato di un 20% rispetto alla Germania ci sta dando qualche problema, come avrete notato: quindi, per valutare l'impatto complessivo di un riallineamento valutario (che non necessariamente è uguale rispetto a tutti i partner) conviene usare il cambio effettivo.

Il rapporto fra indice dei salari e indice dei prezzi ci dà l'indice del salario reale, cioè dell'effettivo potere di acquisto dei lavoratori salariati sui mercati nazionali (come sapete, io tendo a dare per escluso che un operaio dell'ILVA di Taranto vada a fare la spesa ogni mattina a Manhattan. Sorprendentemente, gli uffici centrali di statistica mi seguono in questa astrusa ipotesi...).

L'analisi, purtroppo, non è esaustiva, perché per paesi come la Thailandia o la stessa Argentina l'indice dei salari non viene riportato. Ora, ci dispiace molto per loro, ma a noi, sinceramente, che ce ne frega? Cosa ci dovrebbe dire l'Argentina sulla nostra situazione? Più o meno quello che può dirci la Russia e più o meno per gli stessi motivi visti nel post precedente! Strutture economiche diverse, mercati del lavoro diversi, specializzazione produttiva diversa, diversissimi rapporti fra classi sociali... Perché, se si fosse in buona fede, si vorrebbe mettere tutto in un unico calderone? Non ce ne sarebbe motivo, no?

Comunque, vi presento l'analisi più esaustiva fosse possibile: agli studenti questi esempi normalmente bastano. Nei grafici che seguono NEER è il Nominal Effective Exchange Rate, RW è il real wage:










(ci ho messo anche la Norvegia perché ve ne avevo parlato qui).


Dunque, tiriamo le fila. Quello che dicono Galli e Giannino, cioè che una svalutazione si trasli pari pari sui salari reali, non succede mai, tranne in un caso: quello del Messico (e chi sa dirmi perché vince il Giannino d'oro: ho accennato a problemi di questo tipo diverse volte).

In sei casi a fine periodo il salario reale è più alto, qualche volta molto più alto, di prima della svalutazione.

In due casi (quello già citato del Messico, e quello dell'Islanda) c'è una flessione sensibile dei salari reali (ma vi ricordo che solo nel caso del Messico è pari alla svalutazione nominale. In Islanda la svalutazione è pari a circa il 50% e la flessione dei salari reali in Islanda è "solo" del 10%.

L'altro paese sfortunato siamo noi (e si sapeva), con una flessione dei salari reali contenuta rispetto all'ammontare della svalutazione ("solo" il 5% a fronte di una svalutazione nominale del 30%), ma vi ricordo che la crisi del '92 fu la prova generale di

FATE PRESTO!

Approfittando della crisi indotta dalla rigidità del cambio, con la consueta tecnica da shock economy che abbiamo più volte descritto, governo e Confindustria nel 1992 finirono di smantellare la scala mobile, e nel 1993 i cosiddetti "accordi di luglio" introdussero la famigerata "concertazione", che in buona sostanza è una cosa che servì a far diminuire i salari reali nonostante l'inflazione stesse rallentando.

In Italia, quindi, i salari reali sarebbero scesi comunque, anche senza svalutazione, semplicemente perché erano stati rimossi due presidi del loro potere d'acquisto. Quindi, per quel che riguarda noi, il problema non è chiedersi cosa abbia fatto la svalutazione al salario reale, ma chiedersi perché sono stati rimossi, proprio quando teoricamente sarebbero serviti, due presidi del potere d'acquisto dei lavoratori. E la risposta è la solita: fu il cambio rigido (in quel caso, quello dello SME credibile) a favorirne lo smantellamento. Il cambio rigido viene normalmente usato come arma di ricatto dal capitale contro il lavoro, perché porta a situazioni di emergenza dei conti esteri alle quali si risponde sempre nello stesso modo: chiedendo ai lavoratori di "salvare la patria" tagliandosi i redditi per farla tornare competitiva.

Ci ho scritto due libri, ma se dovesse servire posso anche scriverne un terzo. In realtà potrò fare qualcosa di più divertente perché sì, è vero, ha ragione Sergio Cesaratto: a questo punto non ha capito solo chi non vuol capire, e quindi diventa inutile dare spiegazioni.

Naturalmente il Giannino di platino sarà vinto da chi mi spiega perché certa gente ancora non vuole capire. Vogliono veramente tutti il sangue, come questi due o questo qui?


Ecco, a me questa prospettiva sinceramente inquieta. Intanto, concentriamoci sul solito punto: chi difende l'euro mente senza eccezioni (contraddice fatti stilizzati elementari), e il problema economico dell'uscita (sopravvalutato ad arte dai difensori dell'euro) è enormemente meno grave del problema politico della permanenza (che si palesa ormai anche a voi come quello di una rapida e irrevocabile perdita di democrazia).

Occorre altro?

Cambio nominale e cambio reale: leggende metropolitane bipartisan

$
0
0


(la serie sulle leggende metropolitane bipartisan sta incontrando un certo favore. Ieri vi ho mostrato che non è vero che una flessione del cambio si traduca in una pari flessione dei salari reali. Spesso, anzi, i salari reali aumentano – e se ci pensate non è strano, visto che normalmente una flessione del cambio fa ripartire economia e produttività. Qui l’economista standard “de destra” o “de sinistra” vi dirà: “No, è impossibile, è illusorio. Una flessione del cambio nominale (prezzo della valuta nazionale) non può far ripartire l’economia, perché quello che conta per gli acquirenti esteri è il cambio reale (rapporto fra prezzi nazionali ed esteri), che quando il cambio nominale si svaluta rimane inalterato, perché è vero che la valuta nazionale diventa più conveniente per l’acquirente estero, ma è anche vero che i prezzi interni aumentano in pari misura, perché noi importiamo le materiepriiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiime, che diventano più care. Quindi la svalutazione è una droga ecc. ecc.”. Mai sentita scemenza più colossale, smentita dalla letteratura scientifica perché smentita dai fatti. Ma prima di andare avanti, mi tocca spiegarvi ancora una volta, l’ultima, cos’è il cambio reale. Credo che un equivoco sulla sua definizione – o un congruo assegno da Bruxelles – sia il motivo per il quale tanti colleghi “de destra” e “de sinistra” aderiscono al pensiero unico, che in questo caso è quello del dr. Giannino. E allora permettetemi di spezzare una lancia sulla pelata di quest’ultimo: perché mai lui non dovrebbe chiamarsi “dottore”, se tanti che dicono esattamente le stesse scemenze si fanno chiamare “professori”? Lancio quindi l’hashtag #jesuisoscar, dedicato agli spregevoli servi nella vigna del pensiero unico, e da umile servo nella vigna dei dati mi accingo a produrvi il risultato di una rapida vendemmia...)

Se vi dicessero: “Guarda che l’avvitatore che ti serve puoi averlo sotto casa a 59 euro, oppure puoi comprarlo online in Corea del Sud, e ti costa 63000 won”, voi quale scegliereste?























































































...ecco, appunto, prima dovete vedere quanto costa un won, giusto?





















































Bravi.

Allora, santissimo Iddio, è mai possibile che ogni volta che parliamo di cambio reale mi sembra di rivolgermi a una vasca di carpe?

Dunque, il ragionamento che (spero) facciate è più o meno questo: per comprare un euro ci vogliono 1273 won, quindi per comprare un won ci vogliono 1/1273 = 0.00078 euro, il che significa che per comprare 63000 won (cioè il cacciavite) ci vogliono 63000x0.00078= 49.69 euro, il che significa che il cacciavite coreano mi costa di meno di quello italiano, che di euro ne costa 59, il che significa che lo compro (se poi sono piddino, lo compro anche se costa di più, primo perché non so le tabelline, e secondo perché tutto quanto è italiano è per definizione peggiore di tutto quanto è estero).

D’altra parte avreste anche potuto dire: “Se per comprare un euro ci vogliono 1273 won, questo significa che se io fossi coreano e dovessi comprare il cacciavite italiano spenderei 1273x59=75107 won. Ehi, ma allora mi converrebbe quello coreano, che ne costa solo 63000! E, fra l’altro, mi conviene anche se (purtroppo) sono italiano!”.

Respirone profondo, stampare, leggere rileggere, e poi andare avanti.

Poi, capito: poi!

Perché io posso (perché devo) accettare che degli ordinari di economia siano degli imbecilli. Ma da voi non devo accettarlo, e quindi posso smettere quando voglio. Cristo santo: ognuno di voi, ogni singola persona che legge questo blog, quando maneggia i suoi spicci è più rapida e più accorta di me: come diavolo è possibile che appena si parla di valuta sbarelliate? C’è evidentemente qualcosa di antropologicamente profondo, che trascende ogni vostro controllo e ogni mio sforzo didattico.

Bene.

Io però insisto: è una battaglia fra la mia forza di volontà e la vostra, e avete già perso.

Senza rendervene conto, sopra, avete parlato di tasso di cambio reale. Dice: “Ma veramente abbiamo confrontato due prezzi!” Cazzo sì! Il tasso di cambio reale è il confronto (rapporto) fra due prezzi. Punto. L’unica “difficoltà” (che senza accorgervene avete superato) è che siccome non si possono sommare mele con pere, non si possono confrontare won con euro. Lo capite, no, che il cacciavite coreano costa di meno, anche se in coda al suo prezzo (in won) ci sono tre zeri, giusto? Questa domanda vi offenderà, me ne rendo conto, o almeno lo spero...

Occorre quindi che i due prezzi siano espressi nella stessa unità di misura, nella stessa valuta. Insomma: se volete un avvitatore, bisogna che confrontiate i prezzi di quello europeo e di quello coreano entrambi in euro, o entrambi in won. Chiaro che se siete europei, vi tornerà più comodo ridurre tutto a euro. Ma è altresì chiaro che alla fine quello che conta è il rapporto, quindi se usate euro, won o rupie il problema è solo e soltanto quello di capire se il rapporto fra il prezzo del prodotto italiano e quello del prodotto estero è maggiore o minore di uno. Se è maggiore, il prodotto italiano costa di più e non conviene. Se è minore, il prodotto italiano costa di meno, e conviene. Se siete piddini, tornate all’inizio e rileggete.

Ce la facciamo a formalizzare questo discorzetto? Dunque: da quando usiamo l’euro quotiamo il cambio certo per incerto, cioè come quantità di valuta estera che acquistiamo con una unità di valuta nazionale. Insomma: il cambio certo per incerto fra KRW e EUR è 1273, quello incerto per certo è 0.00078. Allora, il confronto che avete fatto  è di questo tipo:

Nota: sopra avete il prezzo “domestico” (come dicono quelli che dicono “decade”), ovvero interno, ovvero italiano (si può dire o è una parolaccia?) espresso in  valuta estera, e sotto avete il prezzo estero espresso in valuta estera. Il rapporto essendo maggiore di uno, questo significa che il prodotto italiano costa di più, e quindi è meno conveniente.

Ci siete?

E se invece vogliamo confrontare i prezzi in euro? Semplice:


Quindi non conta quale unità di misura scegliate: il rapporto è uguale, e se è maggiore di uno vuol dire che il prezzo che sta sopra (sarebbe il numeratore) è più grande di quello che sta sotto. Siccome sopra c’è il prezzo italiano, cosa fare lo capite. Lo capite che due iarde sono il doppio di una iarda e due parsec sono il doppio di un parsec, anche se in un parsec ci sono 3.37E+16 iarde?

(se qualcuno mi rivede i conti mi fa un favore, e se non mi rompe le palle me ne fa due, che è il doppio di uno, ad esempio...)

Naturalmente, ogni prodotto coreano ha un prezzo in won, ogni prodotto italiano ha un prezzo in euro, ogni operatore economico fa i suoi conti ecc. A livello macroeconomico, cioè in termini aggregati, la valutazione la faremo non sul prezzo del singolo prodotto, ma su un indice medio di prezzi. Quindi avremo una cosa del tipo:

Cioè: il tasso di cambio reale è uguale al rapporto fra i prezzi interni (espressi in valuta estera moltiplicandoli per il cambio certo per incerto) e i prezzi esteri (espressi in valuta estera perché sono espressi in valuta estera).

Ora, attenzione: quando diminuisce questo rapporto? Quanto scende e(svalutazione “esterna”, cioè del cambio nominale, del prezzo della valuta), quando scende p (svalutazione “interna”, cioè dei prezzi interni, e quindi verosimilmente dei salari interni), o quando aumenta pW (rivalutazione “interna” del paese concorrente).


E quindi quando aumenta? Vedetevelo voi per esercizio.

Altro problema: mentre sopra abbiamo considerato prezzi monetari (63000 won, 59 euro, per dire), e abbiamo visto che quello che conta è il loro rapporto espresso nella medesima valuta (che era 1.19), quando passiamo a livello macro abbiamo a che fare con indici, e in quel caso il valore del rapporto non ci dice più nulla, perché dipende dalla base dei prezzi. Quello che conta, in questo caso, è la dinamica. In altre parole, non possiamo dire se il cambio reale è “alto” osservando solo lui, ma possiamo però dire che sta salendo o scendendo se ne osserviamo il percorso storico. Insomma, a livello macro un valore di 1.19 potrebbe benissimo essere sottovalutato (e indicare una convenienza ad acquistare in Italia). Ma certo che se passa da 1.19 a 1 siamo sicuri che l’Italia ha svalutato in termini reali (per uno dei tanti motivi esposti qua sopra).

Se stiamo considerando i rapporti con l’estero di un paese, dobbiamo anche tenere conto del fatto che ogni singolo paese commercia con tanti altri paesi, ognuno dei quali ha una sua valuta e un suo livello dei prezzi, e ognuno dei quali ha una sua rilevanza (grande o piccola). Quindi il tasso di cambio reale di cui sopra non va più bene, perché è bilaterale (Italia-Corea, ad esempio), e si usa un tasso di cambio effettivo reale (dove effettivo indica una qualche forma di media ponderata).

Ora attenti, perché qui arriva il bello.

Avete presente i cretini che sostengono che se svalutiamo del 20% il cambio nominale le materie prime aumentano del 20% e quindi i prezzi interni aumentano del 20%? Lo avete sentito dire, vero? O è successo solo a me? E che quindi la svalutazione è inutile perché l’inflazione se la mangia?

Con un minimo di formule è facile capire cosa vogliono dire. Immaginiamo di avere il cambio nominale a 1 e di essere nell’anno base dei prezzi, che sono quindi uguali a 100 qui e all’estero. Il cambio reale è 1:


Ora, girano per l’Italia tante persone prive di rispetto per le tante vittime della crisi, le quali che cosa vi dicono? Vi dicono che se il cambio nominale si svaluta del 10%, cioè scende a 0.9, allora i prezzi interni salgono di altrettanto, cioè vanno a 110, e quindi il rapporto (cioè il cambio reale) resta più o meno identico:

e quindi la svalutazione nominale non ha effetti sulla convenienza ad acquistare in Italia, perché l’aumento dei prezzi interni compensa la diminuzione del prezzo della nostra valuta.

Per curiosità, volete vedere con me quante volte questa cosa è successa, cioè quante volte è accaduto che una svalutazione nominale (una diminuzione di e) abbia lasciato inalterato, almeno dopo un lasso ragionevole di tempo, il cambio reale?

Vi servo subito, prendendo ad esempio i casi analizzati nel post precedente. Lì avevamo visto la svalutazione (effettiva) nominale insieme al salario reale, e qui vediamo la svalutazione (effettiva) nominale insieme alla svalutazione (effettiva) reale. Se quello che dicono i #jesuisoscar è vero, allora la svalutazione nominale non dovrebbe avere effetti, o per lo meno non effetti persistenti sul cambio reale, il che significa che noi dovremmo vedere un cambio nominale che scende, e un cambio reale che o non scende (restando al valore base, cioè a 100), o scende e torna rapidamente alla base (cioè a 100).

E infatti:












Dunque: nell'ultimo grafico il tasso reale ritorna a 100, ma perché ci torna praticamente anche quello nominale: la svalutazione (nominale e reale) è seguita da una rivalutazione (nominale e reale). Altrimenti, con la sola eccezione notevole del Messico (tanto per cambiare), dove la svalutazione nominale persiste, ma il cambio reale comincia praticamente da subito a rivalutarsi (anche se dopo quattro anni è sempre sotto del 20%), in tutti gli altri casi la svalutazione nominale si associa a una persistente svalutazione reale, cioè la manovra del cambio altera in modo persistente il rapporto di convenienza dei beni fra paesi, e nei quattro anni che rappresento questo effetto evidentemente non è annullato né da svalutazzzzzionicompetitivebbrutteguerravalutariamammaliturchi altrui, né da inflazzzzioneaquarantasettecifre interna, né da un cazzo di niente. Altro che effetti temporanei! Dopo quattro anni sono ancora lì, gli effetti, in alcuni casi, certo, erosi parzialmente dalle mille cose che possono succedere in quattro anni, ma in altri (Corea del Sud, Finlandia), si assiste addirittura all'apparente paradosso per cui una rivalutazione nominale (la linea blu che rimbalza verso l'alto) non è seguita da una pari rivalutazione reale: il cambio reale rimane lievemente più svalutato.

Paradosso? Direi di no, ci sono modelli che lo spiegano. Evidentemente Corea e Finlandia hanno, grazie al rilancio dell'economia determinato dal riallineamento nominale (la Corea è un paese manifatturiero come noi), creato condizioni per contenere i costi di produzione (maggiore produttività). Si chiama modello di Kaldor, Dixon, Thirlwall e penso di avervene parlato.

Sintesi? La sintesi è che quello che pensa Giannino, e tutti quelli che ragionano (?) come lui, non succede mai, assolutamente mai, un cazzo di mai, cioè mai, ovvero:

MAI
come

MALEDETTI
ASSASSINI
INFAMI
che poi è una calzante definizione di chi sostiene il contrario, e di chi gli dà spazio sui media e diritto di tribuna: queste persone non sono solo delle persone che non avrebbero titolo per esprimere la loro disinformata opinione (senza contare che in materia di scienza il diritto di opinione non esiste: non si può dire "io credo che il tumore si curi con la diossina", o meglio: lo si può benissimo dire, ma non in una trasmissione del servizio pubblico, camuffata da trasmissione di informazione medica, senza contraddittorio alcuno e senza alcun fact checking: questo è quello che accade ogni giorno sotto i nostri occhi e noi lo tolleriamo!). Oltre ad essere persone che non avrebbero alcun titolo ad esprimersi (nonostante gli eventuali titoli accademici),queste persone sono anche e soprattutto degli infami assassini e dei nemici della nostra democrazia (duole dirlo), perché questa loro assurda menzogna, che è smentita dalla letteratura scientifica perché è smentita dai dati e dal buon senso, è il sostrato ideologico e l'argomento ritenuto più convincente da chi ci vuol far restare in questa assurda trappola, l'argomento secondo il quale "tanto aggiustare il cambio è inutile, la svalutazzzzzione è come una droga"...

E se questo è l'argomento più convincente, figuratevi gli altri!




(chi mi sa dire in termini tecnici perché la svalutazione reale persiste dopo una svalutazione nominale riceve ovviamente il Goebbels d'oro. C'è una parolina inglese, vediamo chi se la ricorda...)

(ogni volta che un imprenditore o un operaio si suicidano, il loro sangue ricade sui #jesuisoscar. Chi semina menzogna raccoglie violenza. Perché in questo paese si continua a conculcare la democrazia e il dibattito?)
Viewing all 2369 articles
Browse latest View live