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Una risposta (again)

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(...ma quanto si sono preoccupati...)

Gentile dottore,

mi scuso per non averle potuto rispondere prima, ma sono giorni molto convulsi a causa della mia prossima partenza per un visiting in Francia.

Ieri, al cenacolo FULM, Paolo Savona e Giorgio La Malfa mi hanno ribadito il suo interesse per il mio lavoro, e soprattutto per il carattere trasversale del suo successo (dai monarchici a Rifondazione, dagli operai al Club Canova). Forse lei è più stupito del successo presso il Club Canova. Io non tanto. Da persona intimamente liberale credo che non sempre, ma spesso, chi ha i soldi ce li ha perché se li è meritati, cioè perché ha dimostrato intelligenza, e ammettere la realtà dei fatti è il primo segno di intelligenza.

Confido quindi nel fatto che il suo interesse sia in qualche modo il segnale del crepuscolo di una certa informazione folcloristica (quella del "faremo la spesa con la carriola", "saremo come Weimar", ecc.), un'informazione alla quale la mia opera di divulgazione sta comunque chiudendo molti spazi, e che si apra, nell'interessi di tutti, una riflessione comune, più matura, serena e razionale, e soprattutto meno populista, sui percorsi (obbligati) dell'Italia nel prossimo futuro.

Qualora fosse così, e non ho (quasi) alcun dubbio che sia così, la prego di contattarmi liberamente a questo indirizzo o al +39 333 61626x. La mia policy è molto semplice: se sono libero rispondo a tutti, se sono occupato non rispondo a nessuno.

Con stima e solidarietà, le porgo i miei cordiali saluti.

Alberto Bagnai


(ovviamente non ha chiamato, l'interesse era effimero. Dubito invece che fosse provvisto da Madre Natura della sottile arte di leggere fra le righe. Voi che invece ne siete stati provvisti, che cosa ci leggete, fra queste poche righe?)

(ovviamente, per bilanciare il saldo delle risate, mi aspetto dall'altra parte i ragli dei marxisti dell'Illinois: "Hai visto, lo dicevo io, Bagnai è liberale!" Poveracci, hanno il senso dell'umorismo di un tramviere svizzero e la capacità comunicativa di un lamantino... Ma non è che nei giornali dei padroni stiano messi meglio, eh!)

Giorgia on my mind

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(tratto da una storia vera?)

Da Marco Basilisco ricevo e volentieri pubblico in segno di pace, attendendo lieto il commento del nostro troll preferito, Peter Yanez, al quale si applica uno dei miei brocardi preferiti: ad prevedibilia nemo tenetur.


Anni di psicoterapia non sempre possono guarire dipendenze radicate nel profondo del tuo essere.

Quindi, a volte, può tornare la voglia di guardare della pornografia, per esempio Formigli che conduce Piazza Pulita. E lì, nel centro di gravità della perversione più sfrenata ("con 700 euro non si può campare ma siamo vissuti al di sopra delle nostre possibilità"), una luce si fa strada, una ragazza acqua e sapone, semplice, con grandi e luminosi occhi chiari e un delicato accento capitolino. Questo angelo, di fronte all'ennesima parlamentare piddina un po' troppo belloccia che elenca menzogne senza freni inibitori, questa rivelazione della femminilità dell'estrema destra italiana, questa luce nel buio delle tenebre piddine finalmente sbotta:

"Ma se voi sete de' sinistra io so' MaoTse-tung!!"

92 minuti di applausi!!!

Giorgia, ti amo.

P.S. Ma dove cazzo si scaricano i moduli per l'iscrizione a Casa Pound? Co' la bandiera dell'unione europea ce voglio fa' i coriandoli!!! 




(e questo uomo, anzi, per la precisione, questo matematico, una volta era comunista. Mentre io leggevo Proust, lui partecipava a quei simpatici "ragazzi della via Pal" per adolescenti confusi che sono stati i favolosi anni '70. Poi ti credo che uno vien su con gli scompensi ormonali. Però se la Meloni ha veramente detto questo, appena torno a Roma mazzo di rose rosse. Nere non ci sono, del resto... e un motivo ci sarà!)
(ah, visto che voglio compiutamente indagare la psiche contorta del Basilisco, chi avesse assistito all'episodio mi elargisce il nome della belloccia? Così, per capire cosa ha lei più di me...)

(va da sé che della colta allusione non avevo assolutamente capito nulla. Pensavo che fosse una serie di cartoni animati. Ognuno ha la musica che si merita e non ha quella che non si merita...)

Capire

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Francesco ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Giorgia on my mind":






"è un vero peccato che dell'euro non sembra abbia ancora capito un gran che... Peccato per lei, ovviamente"

Almeno ho però capito cosa l'euro mi abbia aiutato a capire, o meglio a sentire: quelle belle frasone piene di gran paroloni scolpiti su tutte quelle grandi pietrone, tipo quella che m'è capitata sott'occhio pranzando all'ombra del milite ignoto l'altro giorno:

"...dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero. Perché lì è nata la nostra costituzione."

Senza l'euro, probabilmente non avrei MAI sentito (sentire emotivamente, non capire razionalmente) perché un tizio, ad un certo punto della propria esistenza, abbia attribuito a qualcosa un valore più alto della propria stessa vita.

Certo che, pure esse' beati, non era così male...





(...eh, Francesco, mi sei su una china scivolosa... Mica mi diventerai nazionalista? E poi chi li sente i piddini? Sai, loro pensano che ci siano le guerre perché ci sono le patrie. Io invece penso che ci siano le patrie, le costituzioni (finché durano), lo Stato sociale (un caro ricordo...), perché ci son state le guerre. Diciamo che la causalità è quanto meno bidirezionale, e che il modo migliore di non combattere una guerra non è quello di arrendersi prima di cominciare, favorendo gli interessi stranieri in tutti i modi possibili e immaginabili, salvo poi piangere lacrime di coccodrillo. Anch'io sto capendo tante cose. Sì, era bello essere beati. Era bello guardarsi indietro e non capire, non immaginare cosa avesse potuto portare all'affermarsi dei totalitarismi, all'esplosione della violenza, era bello non capirlo. Ora possiamo solo continuare a non condividerlo, in modo sempre più astratto, perché purtroppo come sia stato possibile lo capiamo, e per capirlo basta aprire gli occhi. Tutti stanno cooperando alacremente all'esplosione di un nuovo conflitto europeo: da Napolitano a Ferrero, da Renzi a Hollande, da Papademos alla Merkel, tutti... Sempre con la solita scusa, che tanto non sarà possibile, che gli uomini non potranno ripetere simili orrori... Certo, certo... Intanto la risposta alla crisi attuale è quella del 1929, e vi ricordo che non è bastato il New Deal a rimettere il Pil americano back on track. C'è voluto dell'altro, e per chi non volesse capirlo qui c'è il disegnino:


I dati dal 1909 al 1960 sono quelli del "two Charlie's paper", dal 1961 in poi sono estrapolati coi tassi di crescita della serie 11199BVRZF... delle International Financial Statistics. I tassi di crescita, per chi volesse vederli, sono qui. Capito com'era bello il mondo prima del tanto vituperato Keynes? E capite anche perché anche chi lo vituperava per un po' ha deciso di fare come diceva lui? Perché la Seconda Guerra Mondiale ha fatto più di 60 milioni di morti. Quanti ne serviranno oggi? Capito? Era meglio quando eravamo beati...). 

(...Ô JEANNE SANS SEPULCRE ET SANS PORTRAIT... io intanto mi seppellisco sotto il piumino... non ce la faccio più a lavorare, fuori il vento ulula, una buriana incredibile... Salutatemi "oni". C'è bisogno anche di Gano di Maganza per fare un bel poema...).

Ora capisco perché esistono le guerre.

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ALESSANDRO13 ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Capire":
La guerra.

Fino a qualche anno fa, mi chiedevo chi potesse partecipare ad una guerra, quali motivazioni possono spingere un uomo a partecipare ad una guerra.

Ora l' ho capito.

Quando la vita cambia, quando ciò che sognavi svanisce, quando ciò che speravi non si realizza, quando insomma muore il tuo IO, o scegli il lutto oppure lo difendi.

Oggi, non lo avrei mai detto fino a un paio di anni fa, potrei pensare di mettere a disposizione la mia vita per un qualche altro fine. Come è possibile?

Come è possibile che io, che avrei fatto di tutto per non fare il militare (poi Berlusca mi ha salvato e per questo gliene sarò sempre grato), oggi arrivo a pensare una cosa del genere.

E invece è possibile.

E' possibile, perchè la mia vita vale molto di meno di qualche anno fa. Vale di meno economicamente, vale di meno socialmente, vale di meno per le ambizioni.

Quando nasci con un sogno, con un' ambizione, quando vivi per realizzarla, quando vedi che si può realizzare e poi d' un tratto tutto svanisce, ti guardi intorno e scopri che è impossibile, allora ti fermi, rifletti e confidi nell' attesa del ritorno delle condizioni precedenti.La speranza viene alimentata da promesse, la luce in fondo al tunnel alcuni dicono di vederla, tu non la vedi, ma provi a fidarti e passano i giorni, passano gli anni, tu non vedi la luce, ma qualcuno giura che c'è, e allora continui, ma più continui a sperare e più continui a morire.

Se solo ti dicessero, se solo capissi, che il tunnel non ha fine, allora potresti abbandonare i tuoi sogni, le tue ambizioni e cambiare.

Ma cambiare costa molto, distruggere il proprio IO e crearne un altro oppure lottare fino alla morte per difendere il proprio IO, come si può ben capire, tutte e due le soluzioni sono uguali, conducono verso la stessa fine. Quando la morte diventa vita, allora la guerra assume un significato diverso, di liberazione.

Ora capisco perchè esistono le guerre.

Postato da ALESSANDRO13 in Goofynomics alle 06 febbraio 2014 10:33




(ed è mai possibile che chi ci ha messo in queste condizioni, chi ha venduto la nostra patria, il nostro futuro, i nostri figli, ma anche i nostri padri - dei quali sarà sempre più difficile occuparsi, dopo la distruzione dello stato sociale tanto auspicata da Tommaso Padoa Schioppa - è possibile mai che chi ha reso per noi comprensibile quello che avevamo avuto la fortuna di non dover comprendere, cioè come mai la storia dell'umanità sia stata punteggiata da esplosioni di violenza così irrazionali, e che lo ha fatto baciando la bandiera, con la lacrimuccia all'occhio (quanto sincera?), mentre adottava politiche che inevitabilmente avrebbero portato alla svendita del nostro paese, alla distruzione della sua identità, è possibile mai che a questa persona sia ancora data facoltà di fornire messaggi distorti e in quanto tali forieri di tensione e di violenza? A questa persona possiamo solo augurare una lunga vita, e esortarlo a confidare nel perdono degli uomini, che certo ci sarà, per rispetto alla sua età veneranda, e anche perché tutti noi sappiamo che il perdono divino gli sarà molto, molto, molto più difficile da ottenere. Quindi, inutile infierire...) 

La rivoluzione copernicana ovvero il metodo Furbini

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(e affrontiamo anche il problema della desinenza in “ini”,che poi, se ci fate caso, è una crasi fra quella in “in” e quella in “oni”, in un certo senso...)

Fin dalla più tenera età siamo stato abituati a pensare che la reazione più naturale a uno shock negativo di domanda estera sia, per un paese, lasciar deprezzare il suo tasso cambio (qualora gli sia possibile). Sta scritto in qualsiasi manuale di macroeconomia, ad esempio nel Dornbusch-Fisher:





(ah, per inciso, notate: “a devaluation is an increase in the domestic currency price of foreign exchange”. Una svalutazione è un aumento del prezzo in valuta interna della valuta estera. Dorbusch usa la quotazione incerto per certo, quella che per Bisin era vetusta, e ovviamente se il prezzo in valuta interna della valuta estera, raddoppia in economia internazionale si parla di svalutazione del 100%, cosa che questo pietoso espertone ignora...).

Il motivo per il quale un deprezzamento del cambio è la risposta fisiologica a uno shock esterno è piuttosto semplice.

Da quando la moneta è a corso forzoso (cioè praticamente da sempre, come gli storici sanno, ma gli economisti e i giornalisti ignorano – vi siete mai chiesti per quale motivo occorresse stampare la faccia del sovrano sulle monete, se quello che contava fosse stato solo il peso del metallo?), da quando la moneta è a corso forzoso, disais-je,quello che determina il suo valore esterno, cioè il suo prezzo in termini di valuta estera, ovvero il suo tasso di cambio, è, guarda un po’, quella grande sconosciuta che si chiama legge della domanda e dell’offerta (sconosciuta ai giornalisti, va da sé...). Il cambio di una valuta dipende da quanta valuta è domandata dai non residenti (esattamente come il prezzo del pesce sul banco dipende da quanto pesce è domandato dai clienti, e non dal pescivendolo: il che vi fa capire quanto sia delirante Memmeta con la sua idea che la “nuova lira” si rivaluterebbe perché gli italiani la domanderebbero, ma non apriamo un altro fronte).

Ora, pensateci: shock negativo di domanda estera significa, in parole povere, che il resto del mondo “va per stracci” e quindi non ha più soldi per comprare i tuoi beni. Normalmente per comprare i tuoi beni il resto del mondo deve comprare la tua moneta. Evidentemente, se a causa di una crisi i non residenti riducono la domanda di beni da te prodotti, diminuirà di conseguenza la domanda della valuta del tuo paese, che quindi si deprezza. Niente di più naturale, ovvio, fisiologico, e conforme al funzionamento di un’“economia sociale di mercato fortemente competitiva” (art. 3 del Trattato sull’Unione Europea). Mica vorrete fare l’economia di mercato inibendo il sistema dei prezzi, no?

Chiaro fino a qui?

Bene.

Se la tua moneta costa di meno, ipso facto l’intero “listino prezzi” del paese, come dice con efficace metafora Claudio Borghi, diventa più conveniente, non perché siano variati i prezzi beni in valuta nazionale dei beni, e nemmeno perché siano scesi i salari in valuta nazionale, ma semplicemente perché sono calati i prezzi dei beni nazionali espressi in valuta estera, dato che occorre meno valuta estera per comprare la valuta nazionale.

Chiaro fin qui?

Bene.

Sintesi: se il resto del mondo va in crisi, è normale che il corso della tua valuta scenda. Il contrario non è normale, indica una distorsione di quella elementare legge del mercato nota come legge della domanda e dell’offerta, e come ogni distorsione del mercato crea problemi da un’altra parte: nel mercato del lavoro. Se non cede il cambio, deve cedere la domanda interna, creando disoccupazione (come dice Dornbusch nel passo qua sopra e come ho esposto in Commissione finanze), dato che la disoccupazione è la via più spiccia per ridurre il costo del lavoro (come ho ricordato qui).

Chiaro fin qui?

Bene.

Notate un dettaglio. Nel ragionamento svolto, il fatto che il corso della tua valuta scenda indica un problema del resto del mondo, non tuo.È il resto del mondo che, a causa di problemi di qualche tipo (una crisi finanziaria, un disastro nucleare, uno tsunami), domanda meno i tuoi beni, e quindi la tua valuta. In questo caso, se il mercato non è distorto, è fisiologico che il prezzo della tua valuta scenda. Questa variazione di prezzo (della tua valuta) serve appunto a riportare in equilibrio il mercato. In effetti, quando il resto del mondo comincia a domandare meno i tuoi beni, questi si trovano in eccesso di offerta. Ma siccome la variazione del cambio rende più conveniente il “listino” del tuo paese, fisiologicamente (per chi è liberale e crede nel mercato) questo aggiustamento di prezzo determina un aumento di domanda estera per i tuoi beni (perché grazie all’aggiustamento del cambio in valuta estera essi costano di meno), il che “pulisce” (come dicono gli economisti) il mercato, assorbendo l’eccesso di offerta. Se non ci credi, in questo meccanismo di mercato, va benissimo, se ne può parlare, e mi stai molto simpatico, ma solo finché eviti di fare il liberale di questo paio di zenzeri. Le due cose insieme non stanno. Non puoi essere un pasdaran del mercato e volere che un mercato importante come quello valutario non funzioni, a meno che tu non sia un personaggio folcloristico come Giannino, per dire.

Chiaro fin qui?

Bene.

E ora passiamo dalla teoria alla pratica, esaminando la reazione del tasso di cambio di alcuni paesi a uno shock di domanda estera. Considereremo il più gigantesco shock del dopoguerra: quello causato dal crollo della Lehman Brothers. Prima vediamolo nel contesto storico:


Non so se con il vostro occhietto non allenato riuscite a notare l’entità del problemino. La caduta del Pil a fine 2008 non ha precedenti storici, almeno dagli anni ’60 (quelli a partire dai quali ho recuperato l’indice del Pil statunitense in termini reali, serie:  11199BVRZF... delle International Financial Statistics).

Per aiutare la vostra intuizione, vi fornisco i tassi di variazione trimestre su trimestre precedente (e quindi congiunturali, non tendenziali, per cui non confondetevi come quest’altro espertone):


Solo nel secondo trimestre del 1980, dopo il secondo shock petrolifero, c’era stato un tasso di crescita trimestre su trimestre inferiore al -2.0%. Esattamente: il -2.05%. Ma poi c’era stato un bel rimbalzo oltre +2%, sicché in media d’anno il tasso di crescita dal 1980q2 al 1981q1 era stato di 1.69% (notate: sto prendendo la cumulata dei tassi di variazione trimestrali, che mi fornisce, approssimativamente, il risultato dell’anno). Viceversa, a fine 2008 non solo lo shock è stato più forte (-2.3%), ma il rimbalzo non c’è stato, e quindi la crescita cumulata nei quattro trimestri seguenti allo shock è stata di -3.36%. È cioè stata una decrescita, non molto felice per il resto del mondo.

Aspettate, dobbiamo zoomare, perché è molto importante capire cosa è successo, e quando. Lo zoom in livelli è questo:


e si vede bene quello che è successo: semplicemente, il Pil statunitense si è messo su una nuova tendenza, con pendenza simile a quella che aveva prima dello shock, ma livello più basso: hanno rimesso indietro le lancette dell’orologio. Vi ricordo in che modo gli Stati Uniti rimettono le lancette avanti, così stanotte dormite più tranquilli. Vi faccio vedere anche la zoomata dei tassi di variazione, così quelli di voi meno allenati a leggere grafici capiscono dov’è il problema (non è un dettaglio):


Dov’è il problema, quando si è verificato, precisamente? Il picco negativo è stato nel quarto trimestre del 2008, quando, dopo il crollo Lehman in settembre (terzo trimestre), il Pil Usa si è contratto di più del 2% rispetto al trimestre precedente. Per darvi un ordine di grandezza, una cosa come quasi 300 miliardi di dollari sottratti al circuito della domanda statunitense da un trimestre all’altro, che ha provocato una diminuzione delle importazioni Usa dal resto del mondo (cioè una sottrazione dal circuito della domanda mondiale) di circa 386 miliardi di dollari in un solo trimestre (perché, come sa chi è del mestiere, l’elasticità delle importazioni al reddito è generalmente maggiore di uno - come vedremo anche più avanti).

Chiaro fino a qui?

Bene.

Ovviamente, ci aspetteremmo che i tassi di cambio della maggior parte dei partner commerciali degli Stati Uniti abbiano reagito deprezzandosi.

Chiaro fino a qui?

Bene.

Ma da oggi la teoria economica è cambiata, ha subito una rivoluzione copernicana le cui portata è difficile da apprezzare ancora compiutamente, ma che senz’altro getta alle ortiche gli studi di illustri accademici, di allievi e maestri di Nobel come Dornbusch. Fanno festa gli editori, che dovranno riscrivere ex novotutti i manuali di macroeconomia. E chi ha fatto questo regalo agli editori, i migliori amici dell’uomo? Un giornalista:


Non lo riconoscete? È Federico Fubini.

Ecco qui la trascrizionedel suo filo diretto a Pude Pagina del 7/2/2014:

Domanda dell’ascoltatore: “Come mai la Danimarca e l’Inghilterra hanno mantenuto le loro monete?”

Risposta (riferisco solo la parte sulla sterlina, per brevità): “Quanto alla sterlina britannica, la sterlina britannica non fa parte dell’euro, la BoE è assolutamente sovrana, ancora una volta non ci sono state svalutazioni significative della sterlina nei confronti dell’euro nel periodo di vita dell’euro, dunque dal 1999, e soprattutto le svalutazioni che ci sono state non hanno sostenuto le esportazioni britanniche, perché se lei va a vedere la dinamica dell’export britannico è molto debole. La Gran Bretagna ha un deficit delle partite correnti, dunque del dare e dell’avere negli scambi di beni e servizi con il resto del mondo e con l’Europa molto significativo, dunque l’eventuale flessibilità della moneta britannica non ha aiutato gli inglesi a far crescere la propria industria esportatrice e il proprio settore manifatturiero. Vedremo nel medio periodo quali saranno gli effetti della politica della Gran Bretagna, della politica della banca centrale britannica, che in questo momento ha soprattutto fatto decollare drasticamente i prezzi degli immobili in Gran Bretagna, al punto che il paese vive una vera e propria crisi abitativa. Io sinceramente non penso che la via d’uscita sia illudersi di poter tornare indietro, l’Italia deve stare nel mondo di oggi. Stare nel mondo di oggi vuol dire dotarsi di istituzioni adatte per stare nel mondo di oggi. Continueremmo ad avere la concorrenza dei paesi asiatici anche con una lira che dovesse svalutare drasticamente. L’esempio dell’Argentina, peraltro, del quale abbiamo parlato in questi giorni, ci mostra che una prima drastica svalutazione non finisce mai dopo la prima stagione di caduta dei tassi di cambio, perché arriva un’ondata di inflazione con l’importazione di beni e servizi molto più costosi dall’estero, questo fa perdere ancora competitività al paese a causa dell’inflazione, e si entra in una catena di continue svalutazioni che portano l’inflazione abbastanza rapidamente fuori controllo. È quello che è successo all’Argentina. L’unico modo di uscire da una spirale del genere è fare esattamente quello che noi non vorremmo che la Bce facesse, alzare i tassi di interesse, fare politiche di austerità di bilancio ancora più severe di quelle delle quali oggi ci lamentiamo. Dunque, sono d’accordo però con lei che manca un discorso abbastanza approfondito su questi temi nel nostro paese.”

Chiaro fin qui?

Non credo.

Riassumo: la sterlina non ha subito svalutazioni significative, però le ha subite, ma queste non sono riuscite a far aumentare il commercio del Regno Unito, perché l’Italia è come l’Argentina.

...

Chiaro fin qui?

Non credo.

Traduco. Il meta-messaggio è chiaro: per un po’ di tempo il Pude ha cercato di farci credere che nel Regno Unito le cose andassero peggio che da noi, quindi che l'euro fosse sostanzialmente irrilevante rispetto ai nostri problemi, visto che chi aveva sovranità monetaria stava peggio. Era diventato un argomento standard. Ve lo ricordate? Vi ricordate, ad esempio, a SkyTg24, con Marenzi (non ritrovo il filmato), quel simpatico banchiere piddino che tirò fuori dalla manica il suo asso perdente, inserendo del tutto fuori contesto l’osservazione che “però l’Inghilterra va male anche se non ha l’euro ed ha sovranità monetaria”? Lo stesso giochetto che avevo visto fare a Marine Le Pen da certi pennivendoli francesi, tanto per dire.

Ma ora questo giochetto non si può più fare, perché che noi andiamo peggio di loro è evidente. Dal 2008 al 2013 la crescita cumulata in Italia è stata del -8,7%, quella del Regno Unito -1.6%. Scarto: -7.1% a nostro sfavore! (dati qui).

Allora il giochetto è cambiato:“Però l’Inghilterra va meglio anche se non ha svalutato”! Sottinteso: “Non speriate, cari Untermenschen, che io intimamente disprezzo perché appartengo al giornale degli ex-comunisti che vi hanno da sempre visto come un popolo di mandolinisti meritevoli solo di essere assoggettati a una potenza straniera, non sperate, vi dico, che avere un cambio prezzato dal mercato possa redimervi dalla vostra colpa, dal vostro stato di inferiorità ontologica. Vedete? Gli inglesi sono bravi (anche se magari fino a poco fa vi dicevo che erano cattivi), e riescono a star meglio di voi perfino rivalutando, perché la competitività è un’altra cosa, non ha nulla a che fare coi prezzi, ha a che fare con il cattolicesimo e il calvinismo, con il consumo di porridge, con la repressione sessuale, con i millimetri di precipitazioni annui, con altre variabili metaeconomiche e soprattutto metafisiche che voi, Untermenschen, non avrete mai sotto controllo”.

Chiaro fino a qui?

Bene.

Ora voi direte: “Bene, adesso arriva l’asfaltata. [Popcorn mode on] e vediamo come Bagnai trita Fubini. Era un po’ che mi stava sugli zebedei, con quella sua aria da primo della classe – non si sa bene in quale facoltà. Non vedevo l’ora che pestasse la coda del crotalo, ora l’ha fatto, come prima quell’altro improvvisato commentatore anziano, godiamoci lo spettacolo”...





































































































Sono desolato nel dovervi deludere. Ha ragione lui. Ha ragione il dottor (in cosa, se non sono indiscreto?) Fubini. In effetti, dopo la crisi molti paesi che ora si stanno riprendendo hanno rivalutato. Vi faccio alcuni esempi, preceduti, come sempre, da congruo disegnino:



Il grafico riporta il tasso di cambio nominale effettivo (media dei tassi di cambio, quotati certo per incerto ponderata per il peso dei partner commerciali e espressa come indice: mi perdonerete se da professionista preferisco questa misura, che fornisce l’effettiva “forza” della valuta). Vedete? Dopo la crisi il cambio nominale effettivo si è rivalutato del 2% in Islanda (da 47.6 a 48.6), del 3% in Polonia (da 94.2 a 96.6), del 7% in Corea del Sud (da 75.6 a 80.6), e del 5% in Inghilterra (da 79.5 a 83.2).

Ripeto: questo indice è certo per incerto, quindi una rivalutazione la vedete come aumento.

...

A questo punto, voi, giustamente, mi direte: “A’ Bagnai! Ma che cce stai a cojona’!? Scusa, cocco de mamma, ma lo shock c’è stato ner quarto trimestre del 2008! Li grafichi tui parteno dar seconno trimestre der 2009. Mica semo scesi da ‘a montagna der sapone...”.

È inutile, ci rinuncio!

Non riuscirò mai a farvi capire la differenza fra un dilettante e un professionista...

Dilettante... Che termine inappropriato, del resto. Ragioniamoci un attimo su. “Dilettante” significa “persona che prova diletto”. Un termine nato nel ‘700, quando l’intellettuale medio era sufficientemente wide ranging (sì, Fausto, si dice versatile, o poliedrico. Giamaica pure te, però...), era sufficientemente versatile da riuscire a fare più di una cosa in modo tale da procurare diletto a sé o agli altri. Nel ‘700 era così. Casanova era un dilettante di violino, ma riuscì a mantenersi per un po’ suonando in orchestra. Friedrich der Große era un dilettante di flauto, ma sul suo libro di studi si formano ancora oggi i suonatori di traversiere (including myself), e comunque, a Sans Souci, suonava con una bella orchestrina, con Pisendel come spalla. Ecco: ce l’avessi io Pisendel come spalla, e Johan Christian al continuo, proverei diletto (e soprattutto non starei perdendo tempo con voi). Oggi invece un dilettante è uno che fa musica per il piacere di far musica, piacere che, come diceva un mio amico professionista, è il piacere di farla male (cioè di infliggere una sofferenza agli altri), perché farla bene non è un piacere, ma una professione (cioè infliggere una sofferenza a se stessi).

Questo tipo di dilettanti, ortogonali rispetto a Casanova e Federico (di Hohenzollern, non Fubini), forse sarebbe meglio chiamarli con il nome della categoria pornografica cui appartengono: amatori.

Cosa distingue un’attività amatoriale da un’attività professionale (come quella di Federico, non di Hohenzollern, Fubini)?

Ma è semplice! Il metodo.

Un giornalista professionista ha il metodo. Uno dei tanti. C’è il metodo Boffo, e c’è il metodo Fubini. Quest’ultimo non è un’assoluta novità. Consiste, in breve nel misurare un fenomeno economico scegliendo come benchmark (...a Fausto! E che cazzo: posso parla’ come me pare?), scegliendo, dicevo, come punto di riferimento una data arbitraria e funzionale alle proprie affermazioni menzognere, anziché una data dettata dalla logica economica del fenomeno.

Sì: ho detto menzognere. Problemi? Gli avvocati ci sono per questo. Ma pensaci bene, prima, te lo dico toto corde.

Il metodo Fubini si evidenzia già nell’incoerenza interna dell’enunciato: “non ci sono state svalutazioni significative... e soprattutto le svalutazioni che ci sono state non hanno sostenuto le esportazioni britanniche”. Ma queste benedette svalutazioni, insomma, ci sono state o non ci sono state?

Ma!...

Il metodo diventa poi flagrante quando il Fubini diventa apologeta di se stesso. Perché, ragazzi, lo so, sembra incredibile, ma c’è ancora gente che dopo tre anni di mia divulgazione non ha capito di non poter dire la qualunque. No, loro pensano che sia come prima, ai bei tempi nei quali nessuno si era messo di traverso al PUDE, tranne personaggi folcloristici come Donald o l’ortotterone, di fatto funzionali alle logiche del PUDE (valvole di sfogo per l’intercettazione del dissenso). Quindi, come dire, loro pensano di poter fare ancora come gli pare! Sorprendente, vero? Ma non è così. La smaccata menzogna di Fubini (“non ci sono state svalutazioni significative della sterlina nei confronti dell’euro nel periodo di vita dell’euro, dunque dal 1999”) viene immediatamente segnalata da un ascoltatore:


Ed è nella difesa di Fubini che si evidenzia il suo metodo. Perché cosa fa il nostro amico? Ma semplice: mostra un grafico!

Sì, lo so. La colpa è mia.

Me lo ricordo, quando all’inizio Marco Basilisco, forse perché convinto (all’epoca, o magari ancora adesso) che la rivoluzione si facesse coinvolgendo “er popolo”, con tono lievemente patronising (ma io sono buono, oh, quanto sono buono, oh, quanto sterminata e misconosciuta è la mia bontà!), mi diceva: “Non mettere grafici, che perdi lettori! Non citare Proust, che perdi lettori!”. La mia risposta non c’era, ma se ci fosse stata sarebbe stata un equanime e pacato mastica. Poi in due anni questo è diventato il più importante blog di informazione economica. Er popolo non lo so, ma voi avevate fame e sete di giustizia, cioè di dati. E io lo sapevo, e l’ho soddisfatta. E la conseguenza è stata tragica per i giornalisten: gli standard si sono alzati, e quindi, porelli, mentre prima potevano parlare ex cathedra, dall’alto del loro essere nulla e nulla sapere, dicendo qualsiasi cosa senza appoggiarsi ad alcun dato, ora questo non gli è più possibile. Sono stati costretti a scendere sul nostro campo. Lo capite, cari amici del “gesto eclatante”, a cosa è servito aspettare? È servito a far scendere il nemico (del nostro paese) sul nostro campo di battaglia, dove può solo essere tritato (dialetticamente, s’intende, che un hamburger di giornalista mi nausea al solo pensiero).

Avete capito bene?

Avete capito tutti?

Capito Basilisco?

Capito gestoeclatantisti?

Chiaro fino a qui?

Bene.

Allora guardate che si inventa er sor Fubini. In un tweet, dopo aver supponentemente rigettato le accuse di palese distorsione della realtà, ci fornisce questo bel grafichetto:


Al che un lettore gli fa notare che:



Eh già...

Oooooooooooooooooooooooooooooops!

Perché il grafico richiamato dal link di Fubini è questo, quello che riporta la quotazione incerto per certo del pound (ovvero il prezzo di un euro in pound, per cui in questo caso una diminuzione indica una rivalutazione):


Ma purtroppissimo lo shock che ha determinato l’aggiustamento del cambio inglese non è stato a febbraio 2009! E i miei lettori, fra i quali il buon Leonardo, queste cose ormai le sanno.

Furbini, pardon, Fubini, mi scusi, le sanno, capisce? Le sanno. Punto. Si ricorda: lo dissi a Fassina un paio di anni fa, e ora lo ripeto a lei: basta! Le persone ormai si informano: dovete adattarvi (o scomparire, cosa che del resto state facendo).

E allora, vediamo, se fossimo stati dei dilettanti, se non avessimo applicato il professionale metodo Fubini, a cosa sarebbe somigliato il grafico:



Com’era quel discorso del non aver svalutato significativamente dal 1999, sor Furbini?

Dunque: si vede bene che fra 2007 (inizio crisi subprime) e 2008 il cambio cede da 0,7 a 0,8 pound per euro (svalutazione del 14%), poi dopo lo shock di fine 2008 passa da 0.8 a quasi 1 (una roba attorno al 20%, a spanna). E queste non sarebbero svalutazioni significative?

Aspetta, vediamolo in un altro modo. A cosa sarebbe assomigliato il mio, di grafico, se non avessi usato il metodo Furbini?

A questo:



Ah, ecco! Come dire, una differenza si vede. Certo, le valute in questione dal secondo trimestre del 2009 hanno tutte rivalutato. Dettagliuzzo: fra il terzo trimestre del 2008 e il primo del 2009, cioè in seguito allo shock di settembre 2008, stranamente (per un giornalista) tutte hanno immoralmente (per un giornalista) svalutato. E non di poco! Numeri alla mano, si vede che in termini effettivi nominali, solo nel trimestre successivo allo shock (l’ultimo del 2008) le svalutazioni rispetto al precedente erano state: Islanda, -25%; Polonia, -13%; Corea del Sud, -19%; Regno Unito, -8%.

Notate: ovviamente la svalutazione in termini effettivi e su base trimestrale sembra molto meno drastica che in termini bilaterali (pound su euro) e con dati giornalieri. Il mio grafico considera un indice che è una media due volte: in senso sezionale, perché considera una media ponderata di cambi, e in senso temporale, perché è la media dell’intero trimestre, per cui picchi di svalutazione quasi al 25% come quelli che vedete nel grafico del sor Fubini qui non li vedete. Il motivo (ovvio) per il quale ho usato questo indice è esso è temporalmente omogeneo all’indice del Pil che ho usato per misurare lo shock (vedete i grafici sopra).

Ma... Togliamoci un altro sfizio, visto che noi siamo gli Untermenschen svalutatori. Mettiamo queste svalutazioni in prospettiva, e godiamoci qualche decennio di cambio effettivo italiano e inglese, va’, tanto per gradire...


...e, guarda caso (ma che sorpresona!) scopriamo due cose del tutto inaspettate, no? La prima è che noi Untermenschen, in quegli anni ’80 che sono stati la sentina di ogni vizio, l’origine di ogni male, perché “la corruzione” ha fatto esplodere il debito pubblico e altre menate simili, abbiamo sostanzialmente difeso la parità di cambio, a partire dal 1986, rivalutando, mentre i virtuosi britannici se ne andavano fottendo e lasciavano cedere la sterlina (salvo poi farla riprendere dopo il crollo dello Sme). La seconda cosa è ancora più interessante! Perché non solo non è vero, come dice er sor Furbini, che la sterlina non ha avuto svalutazioni “significative” dopo la partenza dell’Eurozona, ma anzi, in prospettiva storica, la svalutazione fra 2007 e inizio 2009 è stata la più rilevante sperimentata dal pound negli ultimi trent’anni!

Capito?

Ora, naturalmente, siccome chi mente di solito mente a tutto tondo, entriamo nel dettaglio, perché so che a voi piace. Dunque, com’era quell’altra cazz... affermazione lievemente imprecisa? “L’eventuale [Fischia! NdC] flessibilità della moneta britannica non ha aiutato gli inglesi a far crescere la propria industria esportatrice e il proprio settore manifatturiero”. Mah!? Sarà vero!?

Andiamo un po’ a vedere, osservando, per esempio, la dinamica dell’indice delle esportazioni italiane e inglesi in un intorno dello shock.



...e, tanto per cambiare (mai ‘na gioia!), le cose ovviamente non stanno come dice er sor Furbini. “Come!?” direte voi: “Ma in questo caso siamo noi a difenderlo: ha ragione lui: lo vedi? In effetti le esportazioni del Regno Unito sono diminuite pure loro, quindi la svalutazione non è valsa a difenderle, e tu ci hai raccontato una balla, tanto quanto lui!”...

Miiiiii, che pazienza!

Allora: back to basics. Apologo: supponiamo che in una bella giornata di primavera vi rechiate al mercato e vediate le prime ciliege della stagione. Vi avvicinate al banco, e il prezzo è decente. Il solito fruttarolo (poi Carlo traduce in romanesco) vi adocchia e vi fa addirittura uno sconto! Pensate: svalutacompetitivamente le sue ciliege (cosa immoralissima, secondo gli espertoni alla Furbini). E voi, squallidi, abietti, infimi complici di cotanta immoralità, cosa fate? Mettete mano al portafogli.

Ma c’è un problema.

Il portafogli lo avete lasciato a casa (e il fruttarolo non vi conosce).

Come finisce l’apologo? Finisce che vi attaccate al tram, carissimi, e tornate a casa senza ciliege, ma avendo appreso (a vostre spese, che poi è sempre il metodo più efficace) una grande verità: in una funzione di domanda non ci sono solo i prezzi, c’è anche il reddito.

Adattiamolo allo strano caso del dottor Fubini e di mr. Furbini.

A Federi’, ma che me stai a cojona’ n’antra vorta? Scusa, caro mio, ma con le importazioni mondiali (cioè con la domanda del resto del mondo) in calo del 15%, ma mi spieghi come sarebbe mai stato possibile che non calassero, le esportazioni britanniche? Ecco. Ma la vedi una differenzina-ina-ina rispetto alla dinamica di quelle italiane? Quelle italiane fanno un tonfo più accentuato e persistente intorno allo shock. E lo sai perché? Guarda queste tabelline-ine-ine (scusate, mi flanderizzo un po’):



che vengono da questo studio (per citarne uno dei tanti). Le esportazioni italiane sono più elastiche alla domanda mondiale di quelle inglesi, sia nel breve che nel lungo periodo. Questo sarebbe un motivo in più per poter compensare col cambio shock avversi di domanda, va da sé. Ma noi non potevamo farlo, anzi, abbiamo rivalutato in termini nominali (come vi faccio vedere nel libro), da cui il bel tonfo del 25% per due trimestri consecutivi.

Ora, l’elasticità di breve e di lungo periodo delle esportazioni del Regno Unito alla domanda mondiale è inferiore rispetto a quella delle nostre, ma sempre maggiore di uno (1.1), il che significa, ad esempio, che nel primo trimestre del 2009, quando la domanda mondiale (le importazioni mondiali) erano calate del 16%, le esportazioni britanniche sarebbero dovute calare del 16%x1.1=17.6%. Invece sono calate “solo” dell’11%. E lo sai perché? Perché la sterlina ha svalutato di circa il 10%, e siccome capita che le esportazioni britanniche siano abbastanza elastiche al prezzo (addirittura 1.7 nel lungo periodo), una svalutazione di questa entità è riuscita a tener su le esportazioni (sai, meno per meno fa più), rispetto a dove sarebbero finite se la svalutazione non ci fosse stata. Si chiama media condizionata o funzione di regressione, in statistica, e nella vita di tutti i giorni si chiama buon senso, e consiste, fra l’altro, nel capire che nell’economia le variabili non sono solo due, e che delle cose che non si conoscono sarebbe meglio che non si parlasse.

Ora voi direte: “Be’, sì, il metodo Furbini lo abbiamo capito. Non è molto diverso dal metodo Boffo, ma almeno un pregio ce l’ha: quello dell’originalità!”

E invece no, nemmeno questo! Perché, voi sapete bene, il vero Repubblichino è autorazzista ed esterofilo, e quindi i suoi modelli li trae dalla Germania. Ora voi mi tirerete fuori Goebbels, e fareste male, non tanto perché il dottor Fubini (il gemello buono, e sicuramente anche buonista) potrebbe offendersi, quanto perché non c’è mica bisogno di andare così indietro! Basta tornare a Kohl. Guardate cosa c’è scritto a pagina 240 di Anschluss di Vladimiro Giacché:

Ci sono esempi di uso spregiudicato delle statistiche ancora più significativi di quello ora citato. Nelle sue memorie Gerhard Schürer, l’ex responsabile della pianificazione della Rdt, constata divertito che «il metodo di affidarsi a percentuali ad effetto» – ma ingannevoli – non era tipico della sola Rdt, «ma è una prassi corrente a livello internazionale e tuttora anche in Germania». E cita un caso lampante di utilizzo mistificatorio dei numeri: la conferenza stampa del cancelliere «in vista delle elezioni del 1994 per il Bundestag, in cui [Kohl] ha affermato che i nuovi Länder, con una crescita del 9 per cento, sono la ‘regione europea a più forte crescita’. Questo enunciato – prosegue Schürer – è corretto, ma il cancelliere non ha detto che questo 9 per cento si riferisce alla cifra assoluta di un prodotto che dalla riunificazione è crollato a un terzo. In parole povere: prima era 100, poi è sceso a 33, e adesso è un 9 per cento in più, cioè appena 36. È un grande successo?» (Schürer 1998: 86). Evidentemente no. Oltretutto nel 1996 la ripresa si arrestò, e tra il 1996 e il 1997, i percettori di sussidi sociali all’Est aumentarono del 24 per cento, contro il 5 per cento dell’Ovest (Luft 1999: 281).

Ecco, vede, caro dottor Fubini? Il suo gemello cattivo, mr Furbini, non è nemmeno originale.

Ma ora basta divertirsi.

Fubini, lei oggettivamente ha detto il falso, perché le cose sono andate in modo diverso da come lei le rappresenta, quindi i casi sono due: o lei è un mentitore, perché sapeva che le cose non erano andate come lei narra, e ha voluto dare una rappresentazione artatamente distorta della realtà, per difendere la sua assurda tesi che il tasso di cambio fisso sia “un’istituzione moderna”; o lei è un ignorante, nel senso che ignora i più elementari e noti fatti stilizzati di quella materia nella quale si arrischia a pontificare con tanta sicumera. Ora, regoliamoci. In altri tempi, non meno civili di quelli odierni, a questa mia pacata, documentata, oggettiva affermazione sarebbe seguita una sua sfida a duello. Non potendo difendere la sua onorabilità con i fatti, con i quali evidentemente  non ha molta dimestichezza, sarebbe stato costretto a difenderla con le armi (sperando di aver più dimestichezza con esse). Se vuole, si accomodi. La scelta dell’arma sta a lei, salvo errore. Sarei proprio curioso di vedere chi sceglierebbe per padrini: Bombolo e Alvaro Vitali, forse. Cosa preferisce? La torta in faccia a dieci passi di distanza? Perché la sciabola, quella, si è capito chi la maneggia meglio...

Ma siamo in tempi più civili, quindi suppongo che lei potrebbe preferire la strada della querela. Si accomodi. Il fatto è, vede, che lei, violando gravemente la deontologia della sua professione, invece di dare fatti, che sono quelli che ho dato io qui ricorrendo a fonti internazionali che posso produrre in tribunale, ha veicolato una sua opinione, totalmente infondata nella teoria economica (vedi sopra il manuale di Dornbusch), e può averlo fatto solo per ignoranza o per motivi ideologici. Com’era quella storia dei fatti separati dalle opinioni? Non sarebbe questa la vostra deontologia? Se ha avuto altri motivi, non riconducibili a queste due categorie, me li dica, e io sono pronto a scusarmi. Ma se non è così, si mette male. Perché io che le cose sono andate in modo diverso, che la sterlina, così come le valute di tutti quei paesi che voi informatori prendete a pietra di paragone (ad esempio la Polonia), si sia svalutata in seguito allo shock Lehman, cioè, in altre parole, che ci sia stata una svalutazione significativa della sterlina dal 1999 a oggi, posso dimostrarlo, e infatti, anche se forse lei non se ne è accorto, quanto precede lo dimostra.

Ma vede, il problema è un altro. Il problema è che lei dovrebbe provare un qualche rincrescimento per averlo fatto, e certamente dovrebbe chiedere scusa, perché l’informazione palesemente falsa è stata fornita in in una trasmissione della Rai. Una trasmissione che noi paghiamo con i nostri soldi, Pude Pagina, e che le dovrebbe chiedere i danni, perché agendo come ha agito lei ha fatto un uso distorto, ha abusato, di quello che dovrebbe essere un servizio pubblico. E quindi quest'ultimo, a sua volta, se volesse difendere la sua onorabilità (chiamiamola così), non avrebbe altra scelta se non quella di pubblicare una sua rettifica o chiederle i danni.

Chissà, magari lei lo ha fatto, magari ha rettificato il dato palesemente, grossolanamente, tendenziosamente falso. Dirò di più: sono (quasi) certo che lo abbia fatto. Ecco, magari qualche lettore mi segnalerà che lei lo ha fatto, e io mi scuserò.

Il mondo dovrebbe funzionare così.

Invece, da sempre, funziona in un altro modo.

Ma solo nel breve periodo.

Perché fra breve e lungo periodo c’è una differenza.

Questa:

La colpa seguirà la parte offensa
in grido, come suol, ma la vendetta
fia testimonio al ver che la dispensa.

Chiaro fin qui?

Bene.

(...e io che ci avevo quasi creduto. Ecco, lo so, ora le care e buone immagini paterne di Paolo e Giorgio mi rampogneranno, mi diranno: “Ma insomma, Alberto, anche tu cerca di essere meno spigoloso, è importante apparire su certi media!” Sì, lo so. Non sono un politico, non so fare politica. Voi sì, e io dovrei prendervi a esempio, o comunque darvi retta, perché anche se non voglio quello che sto facendo è politica, per il semplice fatto che lo sto facendo per la mia polis. Però, scusate, due osservazioni. La prima: perché mai dovrei accordare un singolo minuto del mio tempo a una persona che comunque distorcerà quanto dirò?Avete dubbi? Scusate: uno che è capace di dire che dal 1999 la sterlina non ha avuto svalutazioni importanti, quando ha avuto una delle svalutazioni più importanti della sua storia (uscita dal gold standard inclusa), cosa pensate che potrebbe fare delle mie parole? E allora le mie parole le tengo per me, non le affido a una persona simile. E poi c’è la seconda osservazione, più fondamentale. Le cose andranno come dico io, perché non lo dico io: lo dice la logica economica, lo dice la Storia (e voi lo sapete perché me lo avete insegnato). Domani potrei andare sotto una macchina, o magari dopodomani, correndo lungo il quai nel quale l’Education sentimentale comincia, potrebbe finire la mia vita, per l’imprevedibile scoppio di un simpatico aneurisma. Questo, certo, mi impedirebbe di assistere al momento dell’inevitabile epilogo. Pace. Ma iIn questo caso, che senso avrebbe perdere tempo con un manipolatore simile? Gaudeamus igitur, e, da buoni crotali, risparmiamoci il contatto con altri rettili. Se invece dovessi vivere abbastanza per assistere al realizzarsi di quanto è nella logica dei fatti, dopo sì che ci sarà un sacco di tempo per parlare col dottor Fubini e con tutti i suoi consimili. Oh, che musica sarà per le nostre orecchie sentirli dire, con voce atona, che l’euro era stata una pessima idea, che loro l’avevano sempre detto, che “sevedeva”. Io ho tanto tempo. Diciamo che ne ho molto più del dottor Fubini, perché se è vero che carmina sublimis tunc sunt peritura Lucretii, è anche vero che non omnis moriar. Il mio libro resterà, sicuramente più a lungo degli articolo del dottor Fubini (aneurisma o meno). La soddisfazione più grande, in effetti, non è quella di dire: “Io l’avevo detto”. È quella di sapere, con probabilità 1.00, che qualcuno dirà: “Lui l’aveva detto!” So’ soddisfazzioni....)

(...ah, giornalisti, sì, dico a voi: giornalisti. Non vi piace che si dica : “i giornalisti”, lo so, vi dà fastidio, povere animucce belle... Ma ce n’è uno fra voi che ha una molecola di testosterone, che è in grado di dissociarsi da un collega che dice delle falsità simili, o no? Perché vedete, giornalisti, non vorrei ripetermi: io dai miei colleghi mi sono dissociato, e non è stata una scelta semplice. Se non vi dissociate da chi semina menzogna – e la menzogna è la levatrice della violenza – siete qualcosa di più che degli ignavi: siete dei complici. E questo vale pure per te...).

Prodi

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Vae vobis, scribae et pharisaei hypocritae, quia mundatis, quod de foris est calicis et paropsidis, intus autem pleni sunt rapina et immunditia! Pharisaee caece, munda prius, quod intus est calicis, ut fiat et id, quod de foris eius est, mundum. Vae vobis, scribae et pharisaei hypocritae, quia similes estis sepulcris dealbatis, quae a foris quidem parent speciosa, intus vero plena sunt ossibus mortuorum et omni spurcitia! Sic et vos a foris quidem paretis hominibus iusti, intus autem pleni estis hypocrisi et iniquitate. Vae vobis, scribae et pharisaei hypocritae, qui aedificatis sepulcra prophetarum et ornatis monumenta iustorum et dicitis: “Si fuissemus in diebus patrum nostrorum, non essemus socii eorum in sanguine prophetarum”! Itaque testimonio estis vobismetipsis quia filii estis eorum, qui prophetas occiderunt. Et vos implete mensuram patrum vestrorum.


Serpentes, genimina viperarum, quomodo fugietis a iudicio gehennae?
Mt. 23,25-33


E così, con un paio d'annetti di ritardo, anche la stampa mainstream  prende atto di quanto avevamo ampiamente previsto e detto in più e più occasioni (ad esempio, al Goofycompleanno, ma anche prima...): i piddini si dividono in due, gli ex-comunisti che andranno a schiantarsi, e gli ex-democristiani che si sfileranno in tempo (forse), avendo come unica via di fuga possibile quella di accusare la Germania.

La loro traiettoria era tracciata. Per salvare capra e cavoli c'era un unico crinale da percorrere. Quello di dire: "L'euro è una cosa buona, perché l'abbiamo proposto noi che siamo per definizione i buoni. Purtroppo non ha funzionato perché la Germania è tanto egoista, e ora i cocci sono vostri". Prego i lettori dalla memoria lunga di ricordarsi (loro) quante volte vi avevo anticipato questo ovvio percorso.

Fatto salvo l'ovvio disprezzo per chi prima ci dice una cosa e poi un'altra, avendo fra l'altro sempre saputo quale fosse la cosa sbagliata, e avendoci messi in questa crisi deliberatamente, per realizzare una propria, personale visione politica, qui occorre solo far notare una cosa.

Dare la colpa "alla Germania"è un'emerita sciocchezza ed è, di più, un secondo gesto criminale. La "Germania" in questo momento difende i propri interessi e fa bene. Incolparla serve solo ad aizzare pericolosissimi risentimenti antieuropei, e questo atteggiamento irresponsabile viene portato avanti, guarda caso, proprio da coloro i quali con tanta pertinacia si dichiarano europeisti perché difendono l'euro!

Difendere l'euro chiamando alle armi contro la Germania: ecco l'europeismo dei furbini.

Il problema non sono gli attori e la loro morale, il problema è il copione. È colpevole chi ha scritto le regole, chi ha voluto usare la clava della crisi necessariamente indotta da regole monetarie sbagliate per indurci a cambiamenti politici che non avremmo mai voluto accettare se proposti all'interno di un normale processo democratico.

Se chi ha agito in questo modo dovesse mai ripresentarsi sulla soglia della politica italiana, ciò significherebbe una cosa sola: che la democrazia, effettivamente, non ce la meriteremmo.

Siate vigilanti.





P.s. delle 9:00: questo è anche un QED. L'amico questo giochetto non lo fa solo a titolo e per conto personale. Come ampiamente anticipato fin dall'inizio di questo blog, a un certo punto le elite si sarebbero accorte che rischiavano il suicidio. Ripensandoci, forse un Prodi al Quirinale sarebbe la migliore garanzia di uscire da questa merda! Lo so che è immorale e paradossale, ma forse non è implausibile. Voi che ne pensate? Intanto, apprezzate il fatto che tutto sta andando come previsto. Manca poco...

Prossimi appuntamenti

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Venerdì 14 febbraio 2014


Alle ore 14, presso l'Amphi Euler del campus di Paris XIII-Villetaneuse (attenzione, l'aula è cambiata), seminario del CEPN-MIAP su Il tramonto dell'euro. Ne discute con l'autore Paul Boccara. Il dibattito è aperto al pubblico. Per arrivare prendete il Transilien dalla Gare du Nord per la stazione di Epinay-Villetaneuse (linea H, orario qui) e poi vi fate a piedi questa amena passeggiatina di 14 minuti:


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Venerdì 21 febbraio 2014


(informazioni su Jean-Paul Gauzès).

L'indirizzo della facoltà è Av. Pasteur, a 20 minuti a piedi dalla stazione:
 
 
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Sabato 22 febbraio 2014




Praticamente una messa solenne(informazioni su...).



(...e mo chi lo sente Yanez?...)

(Oggi passa Anh-Dao e mi presenta una delegazione di coreani. Io chiedo: "Ma come mai non avete pensato di fare un'unione monetaria con la Cina?" Loro mi ridono in faccia, giustamente. Allora gli spiego la situazione, e poi gli racconto che prima che iniziasse questa merda, quando venivo a Rouen, alle sei del pomeriggio, finito di lavorare, me ne andavo a suonare l'organo del coro della cattedrale, e suonavo Boyvin, che era appunto di Rouen- un giorno ve lo faccio sentire, magari a S. Calla, così poi ce ne andiamo tutti a cena dall'egizzziano della Garbatella. E pensate: una volta ho anche suonato in concerto la K427, stando al posto mio, dietro un organo. Che bei tempi quando io potevo stare al mio posto, perché non c'erano così tante persone che non volevano stare al posto altrui...).

(...sentite come si intorbidano le acque verso 6:00? Ma che ve lo dico a ffa', voi ascoltate er gèzz. Cazzo, quasi quasi vado in cattedrale e vi lascio al vostro fottuto gèzz con l'eurone che vi aiuta a importare dischi da ci cago...)

(...scusate: Chicago...)

La salute e la crisi

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dal Velo di Maya ricevo e volentieri pubblico:


La crisi che stiamo vivendo, le cui motivazioni e conseguenze sono assai accuratamente analizzate in questo blog, non solo comporta un duro impatto sulle condizioni socioeconomiche delle persone, ma ha anche gravi conseguenze sulle determinanti della salute della popolazione.

Non parleremo, qui, del drammatico aumento dei suicidi che si sta verificando nel nostro paese o in altri del sud Europa (che costituisce, peraltro, una tragica realtà). Piuttosto, vorremmo porre l’attenzione sulle conseguenze dei tagli indiscriminati messi in atto dagli ultimi governi sul Sistema Sanitario e su quelli, annunciati, ma ancora da venire, e sull’impatto determinato dall’immiserimento delle condizioni di vita sulla salute delle popolazioni.

I costi del sistema sanitario

Nel corso dell’ultimo secolo la medicina moderna è stata protagonista di clamorosi successi: ha debellato molte malattie che erano tra le maggiori cause di morte del passato, è stata responsabile del drastico aumento dell’aspettativa di vita e della diminuzione della mortalità infantile che si sono verificate nelle nazioni industrializzate (e, in misura minore, nel resto del mondo). Tuttavia i moderni sistemi sanitari stanno affrontando crescenti difficoltà, non solo nel migliorare la propria efficacia nelle cure della salute, ma anche, semplicemente, nel mantenersi ai livelli del recente passato.

Il discorso sulla sostenibilità delle cure non è recente, e riguarda tutti i cosiddetti “Paesi avanzati”[1]. Tuttavia, per ciò che riguardai paesi del sud dell’”Eurozona” e, nella fattispecie, il nostro, il richiamo al contenimento dei costi è dovuto ad alcuni presunti “vincoli esterni"  (“ce lo chiede l’Europa”), che fanno riferimento soltanto ad un determinismo di natura contabile, segno dell’abdicazione da parte della sfera politica a favore di quella economica. O meglio: a favore di interessi ben precisi che, negli ultimi trent’anni hanno condizionato, a proprio favore, la narrazione economica (che, come è noto segue la “golden rule”, ovvero “who owns the gold, sets the rule”).

Un chiaro esempio di questo determinismo sono stati gli annunci, nel recente passato,  del presidente del cosiddetto “governo tecnico” (che ha mostrato, viceversa, un’attitudine assai politica nel privilegiare determinate entità socio-economiche, piuttosto che altre), che hanno messo in dubbio la sostenibilità del SSN nel lungo periodo, secondo motivazioni strumentali all’orientamento che vuole dare al Paese (il mantra del “meno stato, più mercato”).. Ebbene, questi annunci erano nel perfetto nello stile della Shock doctrine, così ben descritto da Naomi Klein[2], nel quale si  proclamano annunci ad effetto, volti a spaventare l’opinione pubblica circa il rischio di collasso di un servizio essenziale,così, quando questo è divenuto un dato assodato, è più facile far accettare il ridimensionamento o la liquidazione del servizio in oggetto

Questo orientamento è stato inevitabilmente fatto proprio dal governo successivo, visto che anche ad esso l’Europa chiedeva che i cittadini italiani dovessero “morire per Maastricht”.

È da tempo che si può osservare un progressivo “svuotamento” dei servizi sanitari: molte prestazioni sono diventate onerose, e gli operatori vengono messi sempre più in difficoltà da tagli indiscriminati, che non entrano affatto nel merito degli interventi davvero utili per razionalizzare un sistema complesso come quello della cura della salute.

Ma, sicuramente, questa razionalizzazione, che se fosse tale, sarebbe auspicata anche da chi scrive, non è il vero obiettivo di quest’operazione. Infatti il Sistema Sanitario italiano è uno dei meno costosi tra i paesi occidentali, come si può vedere dal grafico seguente




Vogliamo ricordare che per ciò che riguarda gli Stati Uniti, nazione sprovvista di un sistema sanitario pubblico come quello presente da noi, la percentuale di spese sanitarie rispetto al PIL, e quelle pro capite, sono assai più elevate di quelle riscontrabili nel nostro Paese.

Vi è comunque chi continua a auspicare la privatizzazione del sistema, adducendo la maggiore efficienza ed efficacia del settore privato rispetto a quello pubblico. A tal proposito vorremmo mostrare un altro grafico che la dice lunga: quello sull’aspettativa di vita alla nascita. 

 
Non solo l’Italia è ai primi posti della lista, ben avanti agli Stati Uniti, ma questi ultimi sono superati anche da Cuba, (cfr United Nations Department of Economic and Social Affairs, Population Division, http://esa.un.org/unpd/wpp/JS-Charts/mor-life-exp-female_0.htm), che ha una spesa sanitaria pro capite pari a circa un decimo di quella statunitense e dove le privatizzazioni non godono di enorme popolarità

Inoltre, nel decennio che va dal 2000 al 2009 l’Italia appare l’unico Paese, tra quelli dell’OCSE, nel quale le spese sanitarie si sono ridotte. 


Determinanti socioeconomiche della salute

Si può affermare che la maggior parte dei successi della medicina moderna sia stata ottenuta con mezzi relativamente semplici e poco onerosi, come il miglioramento dell’alimentazione, dell’igiene e delle condizioni di vita, poi, ma in misura minore, con l’introduzione degli antibiotici e dei vaccini, con la chirurgia asettica e l’avvento delle moderne tecniche rianimatorie.

Impatto stimato dei  determinanti della salute


Tuttavia, una crisi grave che colpisca un sistema socio-economico si ripercuote seriamente non solo sui sistemi sanitari, ma influisce in maniera importante proprio sulle altre condizioni (alimentazione, igiene, stile di vita) che sono fondamentali per la  salute della popolazione.

Riferendoci ad un esempio tratto dal recente passato, riportiamo un grafico relativo all’’andamento dell’aspettativa di vita in Russia negli anni immediatamente precedenti e successivi al crollo del comunismo:

Fonte:Vladimir M. Shkolnikov, France Mesle: The Russian Epidemiological Crisis as Mirrored by Mortality Trends In: DaVanzo, Julie and Gwen Farnsworth. Russia's Demographic ''Crisis''. Santa Monica, CA: RAND Corporation, 1996.

Come si può vedere, dal 1988 al 1993, l’aspettativa di vita è calata, per gli uomini, di ben otto anni, e di circa quattro per le donne (con un picco di calo tra il 1990 e il 1992).

In questi ultimi tempi stiamo assistendo, in molti dei paesi aderenti all’Unione Monetaria Europea allo stesso fenomeno (anche se meno grave in termini quantitativi) che si verificò in Russia.

Da questo punto di vista appare ben chiara la miopia delle politiche di austerità dispiegate negli ultimi anni nei paesi del sud Europa, nel dichiarato intento di ridurre  i deficit nei bilanci pubblici. Queste politiche (specie quelle caratterizzate da tagli indiscriminati alla spesa pubblica e da altrettanto indiscriminati aumenti di tasse) deprimono l’economia e hanno un’ influenza assai negativa sui determinanti  socio-economici della salute[3], come illustrano i grafici seguenti:

Differenza di classe di occupazione e aspettativa di vita
Incidenza di malattia coronarica e livello di autonomia sul lavoro

Effetto della precarietà del lavoro sulla salute

Deprivazione socio-economica e dipendenza da alcool, nicotina e droghe

 
Aspettativa di vita totale e aspettativa di vita in buona salute e deprivazione socio-economica          


Un esempio puntiforme dell’impatto delle condizioni socioeconomiche sulla salute della popolazione è quello di Glasgow, in Scozia, chiamato dagli epidemiologieffetto Glasgow”. Nell’area della città scozzese le diseguaglianze nell’ambito della salute sono tali che l’aspettativa di vita del sobborgo di Calton (54 anni) è di ben 28 anni inferiore a quella dell’area residenziale di Lenzie, situata a solo 7,5 miglia di distanza: 



Non solo l’area di Calton ha un’aspettativa di vita molto inferiore rispetto a quella dei paesi dell’OCSE, ma appare essere indietro anche rispetto a quella di molti paesi africani, come mostra il grafico seguente.


Le disuguaglianze fra la salute nelle due aree sono attribuibili, da un lato, alla deprivazione sociale ed economica, e dall'altro a un insieme di fattori, tra i quali quelli riportati nei grafici precedenti, e ai problemi di natura “psico-sociale” che essi comportano (depressione, ansia, tossicodipendenze), radicati non solo nella povertà ma anche nella perdita dei legami sociali e comunitari.

Riportiamo le parole dell’epidemiologo Michael Marmot, coordinatore della Commissione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sui Determinanti Sociali della Salute, che ha così commentato questi dati:

La strada più efficace per aumentare l’aspettativa di vita e migliorare  la salute, sarebbe quella di analizzare l’impatto delle politiche e dei programmi governativi sulla salute e sull’equità delle condizioni socio-sanitarie, e fare di questo un criterio per valutare la bontà dell’operato di un governo.

Vediamo qualcosa di simile nelle politiche volte a realizzare l’”incubo europeo”? O sarà forse questo il vero senso della frase “Morire per Maastricht”?


[1] Vedi: Daniel Callahan, Taming The Beloved Beast. How Medical Technology Costs Are Destroying Our Health Care System, Princeton University Press, 2009 (per un buona sintesi: Daniel Calllahan, Sustainable Medicine: Two Models of Health Care,Giannino Bassetti Foundation – 2005)
[2] Naomi Klein, The shock Doctrine, Picador, New York, 2008
[3]Cno la conseguenza di aumentare, invece che ridurre le spese per le cure

(...tanto ora lo tolgono e ce ne mettono un altro. Peggiore).

Quanto vale una rosa

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Vincenzo ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "La salute e la crisi":
Mi scuso per lo sfogo, amo leggere il blog e non avendo argomenti "scientificamente rilevanti" spesso mi astengo dal commentare. Ma quando leggo certi post, improvvisamente il rospo che ho in gola salta fuori. E così mi domandavo se tra tutte le morti arrecate ci si può mettere anche quella della mente. Ci hanno tolto la speranza di un futuro migliore, la benchè minima certezza che qualcosa possa cambiare. A 28 anni, con 4 di cassa integrazione alle spalle, ho sentito fin troppe volte il discorso della luce in fondo al tunnel. Ci ho sperato ogni volta ma puntualmente, avvicinandosi, questa luce si è sempre dimostrata un treno in corsa. Riassunto da 4 mesi, non riesco a percepire puntualmente lo stipendio. Mia moglie con 2 lauree (con la prima in biotecnologia le hanno detto di pulircisi il ....... quindi per la legge della domanda e dell'offerta prese la seconda in scienze infermieristiche, nel qual ramo c'era più offerta di lavoro....all'epoca!) poi la gravidanza, la perdita del lavoro conseguente al parto (in Italia funziona così) e ora la mia bambina di 3 anni la stanno facendo crescere praticamente i nonni. Chissà se avrò mai i soldi per fargli un monumento! nel frattempo però i pensieri aumentano e si rischia seriamente di farsi schiacciare dal loro peso. Si fanno sacrifici e rinunce su ciò che si ritiene superfluo ma ogni giorno alla lista si aggiunge qualcos'altro. E così si passa dal non fare un giro in centro per paura che la bambina possa chiedere un giochino, al vestitino di carnevale, che manco a dirlo, compreranno i miei suoceri. Per S. Valentino mia moglie mi perdonerà se non posso nemmeno regalarle una rosa (ha già me, cosa vuole di più?). Ci si chiede quando tutto questo cambierà e quando raccoglieremo i frutti. Inevitabilmente i problemi si riversano all'interno della famiglia e si incrina il rapporto di coppia che inevitabilmente poteva essere bellissimo. E ti chiedi "ma io"? cosa ci sto a fare io? che ruolo ho? si parlava qualche post addietro di chi ha capito perchè si fa la guerra. Bisognerebbe scriverne un altro per chi inizia a comprendere quell'istante di follia che porta a farla finita. La mente è labile e loro abilmente ce la stanno annientando. Quando non si trova una collocazione, uno spiraglio che ci faccia rinsavire, quando non si è in grado di regalare un sorriso o un momento di gioco ai figli perchè i pensieri offuscano la mente e inibiscono ogni sentimento positivo. Allora ci si chiede, a cosa serve andare avanti? e a chi presenteremo il conto per tutto questo?

Postato da Vincenzo in Goofynomics alle 13 febbraio 2014 14:5



(non devi scusarti per lo sfogo. Essere qui serve anche a sfogarsi. Ho cominciato io, del resto. Qualsiasi cosa succeda devi pensare, e devi dire alla tua compagna, che voi non siete soli. Andare avanti serve ad andare avanti, il senso della vita rimane abbastanza misterioso, in effetti, e non credo che basterebbe un blog per andare a fondo dell'argomento. Andiamo avanti per chi ci ama, io anche per chi non mi ama (qualche soddisfazione bisognerà che me la prenda), perché sappiamo che non può durare, perché vogliamo lasciare ai nostri figli un esempio, perché vogliamo garantirgli un mondo meno anormale, ecc. Il conto non dobbiamo presentarlo noi, se non nelle forme concesse dalla democrazia: il voto. Fino alle ultime elezioni non è stato possibile votare nulla che non fosse PUDE. Credo vediate che "la situazione è in rapida evoluzione", come vi avevo promesso, e in gran parte è merito nostro. Qualche soddisfazione ce la toglieremo tutti.

Tua moglie lo sa che vali più di una rosa, e da oggi lo sappiamo anche noi. Coraggio).

Rubato violoncello barocco

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(per la serie "c'è la crisi", sgomento ricevo dal mio violoncellista neoborbonico preferito e immediatamente pubblico)



Rubato violoncello barocco Pierre Bohr, Milano 2003

con cartiglio interno. Decorazione a greca su tastiera e cordiera. Sulla parte sinistra della cordiera la decorazione si interrompe in due punti per usura. È stato rubato martedì 28 Gennaio a Parco Leonardo Chi avesse delle informazioni o avesse visto lo strumento è pregato di mandare una mail a musicaperduta@gmail.com. È prevista una ricompensa in caso di ritrovamento dello strumento. Al momento del furto era in una custodia Riboni blu con due archi barocchi.


(damosa da fa'...)

Mehr Europa...

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Mi raccomando, sbrigatevi a fare il governo, se no chi la sente Angela...




Zone monetarie: quello che i francesi non sanno...

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(da Giuseppe Liturri ricevo e volentieri pubblico, per motivi che vi saranno chiari quando parleremo del mio intervento a Paris XIII, del quale qui vi fornisco intanto il link...).







Siamo giunti ormai al sesto anno di un, apparentemente, inarrestabile arretramento del livello di reddito e benessere del nostro Paese ed ancora non si prospettano soluzioni efficaci per invertire tale tendenza. Le conseguenze di tale situazione sono sotto gli occhi di tutti:


1)      dai livelli pre-crisi, abbiamo perso circa un quinto della nostra produzione industriale.

2)      Disoccupazione e crescenti flussi migratori dal Sud verso il Nord (Italia ed Europa), soprattutto di giovani laureati.


La misura di tale contrazione del tessuto produttivo ed imprenditoriale del Sud e dell’Italia trova un paragone soltanto con le due guerre mondiali del secolo scorso.

Tuttavia, desta ancora maggiore preoccupazione l’assenza o la relativa inefficacia delle soluzioni che, in maniera più o meno disinteressata, si continuano a proporre per uscire da questa epocale distruzione di benessere.


Tra esse, spiccano proposte tutte finalizzate a migliorare l’offerta, tramite:


-          incentivi per investimenti nella cosiddetta “tecnoscienza” (micro e nano elettronica, biotecnologie, ecc..).

-           investimenti in formazione delle risorse umane.


Purtroppo tali misure, in astratto efficaci, non risolvono affatto i nostri attuali problemi.


La prima domanda da porsi è: quanti soldi servono affinché siano efficaci e dove sono? Ne servono tanti, e non ci sono. Forse giova ricordare che dal 2016 dovremo progressivamente ridurre il debito pubblico per il famigerato “Fiscal Compact” e siamo sempre vincolati  al limite del 3% del rapporto deficit/PIL sotto la sorveglianza degli inflessibili guardiani di Bruxelles. In sostanza, non abbiamo soldi per serie politiche di investimento. Servirebbe un New Deal ma abbiamo solo pochi spiccioli da spendere qua e là.


Ma questo è il meno. Vogliamo finalmente prendere atto che in questo Paese è stata distrutta la domanda interna ed è dalla sua riattivazione che bisogna ripartire? Quale mirabolante incentivo smuoverà gli “animal spirits” dei nostri, pur preparati, ragazzi? Continuiamo a somministrare medicine sbagliate ad un moribondo.


Ma noi, al Sud, certe cose le dovremmo sapere, esse fanno parte della nostra storia. Infatti, 150 anni di storia unitaria e di “interventi straordinari” non hanno conseguito l’obiettivo di annullare il divario di potenziale produttivo Nord-Sud. Qual è stato l’insegnamento, perché non hanno funzionato allora e sono ancora più inefficaci oggi?


In 150 anni, con l’obiettivo di costruire una base industriale, il bilancio statale ha trasferito verso le regioni meridionali somme ingenti per investimenti e spesa pubblica corrente, che hanno semplicemente alimentato un flusso netto di domanda di beni e servizi a favore dei produttori del Nord, oscillante (dagli anni ’60) tra il 15 ed il 20% del PIL annuo del Mezzogiorno. Chiaro ora? Al Sud, abbiamo sempre trovato relativamente più conveniente consumare beni provenienti dal Nord rispetto a beni domestici che scontavano e scontano un consistente svantaggio di costo, accumulatosi negli anni. Qualsiasi trasferimento di risorse per investimenti si è rivelato pertanto relativamente inefficace di fronte a tali differenze strutturali di competitività. Anzi, esso ha continuato a far ulteriormente crescere il divario con l’eccellente apparato produttivo del Nord Italia, rafforzato proprio dalla domanda delle regioni del Sud. Ma il sistema è stato ed è tuttora in equilibrio proprio grazie alla funzione di ammortizzatore svolta dai trasferimenti a carico del bilancio statale. E’ la storia di qualsiasi tentativo di integrazione economica di regioni con forti squilibri strutturali (come l’unificazione di Germania Ovest ed Est).


Per dirla con una metafora, con gli investimenti proposti si vuole purtroppo continuare a svuotare il mare con il bicchiere, quando a pochi metri è già pronta una spiaggia ben attrezzata a costi contenuti. Non ha funzionato e non funzionerà.
 
Ma la storia dello sviluppo industriale del Sud (solo parzialmente riuscito), oltre a farci riflettere sull’inefficacia di certe misure di politica industriale, è di straordinaria attualità anche per comprendere l’attuale crisi. L’Unione Economica e Monetaria (UEM) è, con dimensioni maggiori, la stessa operazione di unificazione cominciata nel nostro Paese nel 1861. Con alcune differenze, di cui una fondamentale: non ci sono trasferimenti tra i Paesi aderenti, a carico di un bilancio comune. Infatti, la condivisione di una stessa moneta tra Nazioni caratterizzate da numerose ed ampie differenze strutturali (livelli di prezzi e loro variazioni, sistemi tributari, regole del mercato del lavoro e, allargando l’orizzonte, sistemi di istruzione, lingua) funziona bene se, e solo se, un bilancio comune provveda, con appositi trasferimenti, ad ammortizzare eccessivi squilibri tra debiti dei Paesi consumatori netti (quasi tutti i 18 Paesi dell’UEM) e crediti dei Paesi produttori netti (Germania). Se, come accade oggi, chi è creditore netto non intende “mutualizzare” alcunché (in Germania ci sarebbe una sollevazione popolare), l’unica via consentita è quella di una feroce riduzione della domanda, dei redditi e del costo del lavoro ed aumento della disoccupazione nei Paesi consumatori netti in modo da recuperare lo scarto di competitività con i Paesi produttori netti. Tutto ciò, in astratto, sarebbe anche possibile, se trascurassimo il fatto che lo scarto di competitività accumulato in 15 anni di UEM è di entità tale (tra Italia e Germania pari a circa il 30%) che il suo recupero significa distruggere definitivamente la base industriale del nostro Paese. Di fatto, in assenza di meccanismi di mutualità tipici di uno Stato unitario o federale, tutto ciò è già in atto. Ma noi, al Sud, testimoni di un’unione monetaria che, bene o male e grazie ai trasferimenti ha invece funzionato, non potevamo non sapere di questa distruzione annunciata, perché, come diceva Mark Twain, “la storia non si ripete, ma spesso fa rima”.


(...se solo Giuseppe fosse stato presente al seminario di Paris XIII! Quando, nel video, alludo alla specificità del punto di vista italiano, credo sia chiaro che non intendo pormi in un'ottica nazionalistica: volevo appunto sottolineare quanto lui dice in questo articolo, cioè mettere al servizio dell'analisi il punto di vista di chi, come dicevo chiaramente all'inizio, per motivi storici sa cos'è un'unione monetaria sbagliata, sa cosa è stato necessario fare per tenerla in vita, e quindi sa in quali condizioni può valere o meno la pena di mantenere insieme i cocci.

A suo tempo vedrete la disonestà intellettuale di Boccara nel rispondere: cavallette, inflazzzzione, nazzzzionalismo, io sono francese ma sono anche europeo, ecc. Politicume. Ah, e naturalmente "moneta comune" a iosa. Nessuno sa cosa cazzo sia - la discussione è da morir dal ridere! - ma nominarla è rassicurante: diciamo che "moneta comune" sta alla sinistra "critica" come "credibilità" sta alla destra ortodossa: le grandi parole che non dicono un cazzo, e forse è perfino meglio così, perché provare a dar loro un significato potrebbe trasformarsi un una catastrofe! E ovviamente per Boccara figlio - erano venuti in clan, c'era anche la mamma - la crisi è una crisi di offerta! E, anche qui, vedete come l'esperienza di Giuseppe ci viene in soccorso - se non bastasse il buon senso!

Queste persone sono veramente indegne, ma incontrarle mi è servito a capire la loro squallida "political economy". Insomma: ho capito perché si comportano così, perché negano l'evidenza, perché si arrampicano sugli specchi. L'ho capito benissimo, e per loro fortuna non devo giudicarli io: ci pensera la storia, ha ragione Sapir...)

Esportazioni italiane: una risposta ai "tantormaisti"

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Sapete quelli che dicono: "Sì, va bene, forse un sistema monetario meno delirante ci aiuterebbe, ma a che servirebbe riallineare il cambio ai fondamentali? Tanto ormai siamo finiti, deindustrializzati, le esportazioni non ripartirebbero per strozzature dal lato dell'offerta, le nostre aziende sono tutte morte, come fai a esportare se non produci...".

Quanta pazienza ci vuole, vero?

Una preoccupazione simile, più approfondita, era stata espressa anche da Dany Lang prima e durante il seminario a Paris XIII, che la articolava intorno a un possibile cambiamento di struttura delle elasticità dell'export ai prezzi relativi (e comunque alla necessità di considerare anche le elasticità di offerta nelle condizioni di Marshall-Lerner). Preoccupazione questa teoricamente fondata e condivisibile, ma quanto rilevante in pratica?

Per una riflessione sul "tantormaismo" nostrano, cioè sull'atteggiamento di chi dice che dobbiamo restare sulla strada sbagliata non perché ci porterà nel posto giusto (l'argomento di Modigliani, Padoa Schioppa, Prodi, Monti et id genus omne), ma perché non c'è un'alternativa, cioè perché "tanto ormai" siamo finiti, vi suggerisco di dare un'occhiata a questo rapporto della Fondazione Edison segnalatomi da Luca Grossi. Leggendolo a volo d'uccello ho visto tante cose interessanti (ma non ve le dico perché non ho tempo e perché non voglio influenzare la discussione: mi interessa sapere cosa ne pensate voi).

La sintesi che traggo però è: se le cose vanno così con una "lira" sopravvalutata rispetto al "marco" (negli scambi intra-Eurozona) e un euro sopravvalutato rispetto al dollaro (negli scambi extra-Eurozona), siamo proprio sicuri che un riallineamento dei cambi non servirebbe a niente? Sicuri? Sicuri sicuri sicuri?

Io me no, per niente.




P.s. delle 10:13: senza contare il fatto che molte esperienze precedenti indicano che nella ripresa post-riallineamento l'effetto di "import substitution"è essenziale, e la "import substitution"è meno traumatica se la realizzi lasciando funzionare i prezzi, piuttosto che strozzando i redditi, non credete? Così, tanto per ricordare ai "tantormaisti" di late visuali che in effetti bisogna avere uno sguardo d'insieme, e loro decisamente non ce l'hanno. Dixi.

Una giornata ai margini della comunità scientifica

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È scaduta la data per la presentazione degli articoli al convegno di maggio, anche se, visto che sono arrivati tutti all'ultimo momento, abbiamo poi deciso di dare un altro paio di settimane. Sono arrivati 110 articoli provenienti da 30 paesi, con una netta predominanza di tedeschi:


I lavori toccano un po' tutte le aree dell'economia. La distribuzione per codici JELè questa:


(tenendo presente che molti articoli sono a cavallo di più di un'area disciplinare, per cui hanno più di un codice JEL). L'ultimo articolo arrivato è di un professore di Stanford che avevo citato nel mio libro sulla Ciiiiiiiiiiina (perché si era occupato di stimare lo stock di capitale dell'economia cinese, e ora si sta occupando di capire quanto sono inaffidabili le statistiche sul Pil cinese, altra cosa della quale mi ero interessato, giungendo alla sua stessa conclusione: non possono esserlo più di tanto).

Quindi, dopo aver annotato gli articoli su una bella lista, ho dovuto scrivere 110 lettere di "conferma ricezione", considerando che se ti scrive un turco o un algerino spesso non hai nemmeno modo di capire quale sia il nome e quale il cognome, e se sia professore o dottore o anche un semplice studente di dottorato (dal che conseguono ovvie difficoltà pratiche). Google santo subito, ma intanto il tempo passa. Ora devo scegliere per ogni articolo un referee che capisca quello che c'è scritto (tenendo presente che in non rari casi io né lo capisco né ho voglia di capirlo!), e mandarglielo, pregando il Signore che si sbrighi a dirmi chennepenZa, così io chiudo in fretta la lista spedendo le lettere di accettazione agli autori.

Poi comincerà il delirio delle iscrizioni, via sito INFER.

E poi conosceremo tante persone strane provenienti da tante parti del mondo, che, per chissà quale strano motivo, hanno deciso di venire a incontrarsi a Pescara, ai margini della comunità scientifica (come diceva non ricordo più quale dilettante in non so più quale discussione di non so più quale fogna "social").

Vi ricordo che interverrà Dominick Salvatore (che conoscete da qui), e lo metterò probabilmente di sabato, in modo che chi desidera possa assistere al suo intervento (ma non ci sarà traduzione). Vi ricordo anche che avremo una bella sessione sull'evoluzione del sistema monetario internazionale, presieduta da Gennaro Zezza, cui parteciperanno Luca Fantacci, e probabilmente Riccardo Fiorentini. Per dire che, nonostante quello che pensano i "comunisti" francesi, a me il tema interessa... solo che penso di saperne un pochino più di loro (e se non so chiedo alle persone giuste)!

Sono arrivati tanti articoli sulle asimmetrie, compresa quella che ci interessa più di tutte: quella fra uomo e donna (ma sono articoli che potreste tranquillamente far leggere ai vostri figli, tanto sono scritti in inglese). Ce n'è uno di economia del matrimonio che cerca di capire se le donne preferiscono gli uomini belli o quelli ricchi (e viceversa). Non vi dico la risposta, prima aspetto che il comitato scientifico approvi il lavoro, non vorrei poi portarvi a fare la scelta sbagliata...

Insomma: metter su un convegno è un bel lavoro, quindi... Vanna santa subito (pure lei)!

Magari qualcuno di voi passa, e ci vediamo anche a maggio.


(...e anche Uga santa subito. Perché in tutto questo starei lavorando a una estensione kaleckiana del modello di Thirlwall, con due classi sociali e due paesi, i famosi Hans Centro - dotato di un turgido surplus - e Maria Periferia - provvista di un accomodante deficit. Allora, capita che dopo matura riflessione abbia spinto il mio collega a considerare l'endogenizzazione dei salari via curva di Phillips, perché questo ci avrebbe permesso di fare un certo giochetto che non vi interessa (sostanzialmente, governare la dinamica del cambio reale fra un equilibrio e l'altro). Lui poi ha aggiunto il bilancio pubblico, e stava rifacendo tutti i calcoli. Solo che... la derivata del grado di utilizzazione della capacità produttiva rispetto alla spesa pubblica gli risultava con un segno "controintuitivo". E voi direte:"Meglio così!  È della scienza il fin la maraviglia, non ce l'hai insegnato tu?" Eh no, belli! Quello vale, come ricorderete, per gli economisti omodossi, quelli dei moltiplicatori negativi, per capirci. Ma noi siamo keynesiani, il che, fondamentalmente, significa che abbiamo un io sufficientemente ben costituito da non dover andare alla ricerca di prestigio intellettuale spiccicando paradossi da quattro soldi. Allora, fra una telefonata di un giornalista, una di un finanziatore, una di un editore, e una di un avvocato, do uno sguardo al foglio... e che ti vedo? Che nel grappolo di derivate non era stato raccolto un elemento a fattor comune, per cui in effetti il segno corretto era quello "intuitivo". Verum factum convertuntur.

Santa Uga che mi costringe a fare le cose semplici! Mi sono sentito meno vecchio, e per una volta mi ha perfino fatto piacere sentirmi utile. Questo ovviamente non mi porta a tornare sulla mia irrevocabile decisione: se rinasco, voglio essere inutile...)

(...e ora mi stappo un Sauvignon della Loira e stramazzo...)

QED 30: Barca in barchetta...

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(...dal romanesco "portare in barchetta", raggirare, irretire, come nel famoso sonetto:



E li ministri de qualunque Stato

so' stati sempre tutti de 'na setta.
Irre orre, te porteno in barchetta,
e te fanno contento e cojonato...
)


...ma stavolta il cojonato è stato un ministro, ancorché in pectore.

Che non fosse una cima ce n'eravamo già accorti, vi ricordate? Quello che "quando avevamo l'inflazione c'erano le Brigate Rosse perché linflazioneèlapiùiniquadelleimposte...".

Puntuale è arrivata la prova del nove (poi chiedetemi perché non rispondo a Cruciani...): chiama uno con la zeppola, un finto fognatore, e spiattelli la verità al telefono!? Natura non facit saltus. Chi nasce tondo non muore quadrato. Chi nasce Barca... be', finitela voi la frase!

Solo una domanda: ma una patrimoniale da 400 miliardi di euro, che gli amichetti con i soldi alle Cayman non li sfiorerebbe nemmeno di striscio, non è un'imposta iniqua? Ma si sa: Schulz chiama, e i patrioti rispondono. Siamo o non siamo in una crisi di debito pubblico?


(...no, appunto. E questo è uno che fa l'esperto economico dopo una carriera in Banca d'Italia...)

Il senso dell'UE per la democrazia

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(da Malachia Paperoga ricevo e volentieri condivido con voi. Solo che da commentare c'è ben poco...)




Alberto, vorrei riflettere su un’a/simmetria.

Negli ultimi anni, in molte occasioni, l’imperativo è stato di evitare le elezioni in tempo di crisi: “ce lo chiede l’Europa!”.

Ricordiamo Monti con il suo “al riparo dal processoelettorale”, mentre è di queste giorni il monito di Napolitano: “Elezioni? Non diciamo sciocchezze”.

Stranamente però, tale ragionamento non vale per tutti. Con il governo ucraino che si rifiuta di aderire all’UE ecco che improvvisamente la musica cambia, e la UE invoca le elezioni a gran voce.

Sia chiaro: non voglio difendere nulla dell’operato dell’ultimo governo ucraino.

Però la UE non è nuova all’utilizzo strumentale dello strumento democratico. Come quando promuoveva referendum su se stessa. Fin quando ha iniziato a perderli, e allora li ha fatti sparire. Per tacere della furiosa reazione al risultato del referendum svizzero.

Se la democrazia fosse così importante il dato da considerare sarebbe questo: i popoli europei di questa unione monetaria non ne possono più, e giustamente.

La politica dovrebbe trarre le dovute conclusioni e agire di conseguenza. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.



(...oooooh! Allora avete capito qual è il problema, voi! Non come gli ex-comunisti della banlieue parigina, quelli che avevano portato la cultura "ar popolo", costruendo atenei in mezzo agli HLM, e ora vivono blindati in facoltà, con una security da megalopoli brasiliana, perché "ar popolo" prima je devi da porta' da magna', e poi je devi da porta''a curtura. Se inverti l'ordine - errore comune - allora forse è meglio - per te - che la democrazia gliela dai per finta, che è appunto ciò a cui serve l'Unione Europea. Non vorrei ripetermi...)

Occhio alle sòle

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Carissimi, l'incontro del 22 è rinviato al 7 marzo. L'ho appena saputo. Rimane l'incontro di domani qui in facoltà a Rouen:



(...motivo: il giuramento dell'On. Renzi. Ho commentato: non sta bene parlare di iceberg a casa del Titanic. Allora, a Roma ci si vede il 7...)

QED 31: la Peugeot et les Boccara.

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(...je me crève le cul du matin au soir, sans arrêt. Je ne sors de la fac que pour m’acheter un sachet de salade, je n’ai même pas eu le temps d’aller une seule fois au marché de la place St Marc : vous me permettrez bien de m’amuser un tout petit peu, avec mon amabilité qui est passée en proverbe, n’est-ce pas ? Soyez indulgent avec un pauvre vieux à qui aucun plaisir ne reste, si ce n’est celui de boire du rouge, et de répéter :  « Je vous l’avais bien dit... »)

J’aime la France. Ceci est bien évident à qui me lit, c’est à dire à qui me connait. C’est dans sa littérature que je puise, avec plus ou moins de succès, la force de ma prose, et c’est sa littérature qui me donne les mots quand je n’en ai pas ; c’est ici, en France, que vous me voyez – ou mieux, que vous me lisez – heureux et productif ; c’est ici, en France, que Roberta m’a vu enfin rire, oublier mon fardeau, chez Erick, ce qui en Italie ne peut se passer que dans des circonstances très exceptionnelles, telles que la conjonction de deux astres de ce blog, les deux Marco (Basilisco et P.).

Mais ici je me sens à l’aise, parce que je me sens ailleurs, quoique cette sensation ne soit pas si justifiée, comme vous le verrez par la suite...

J’aime la France, mais, en homme cultivé et respectueux, je ne me leurre pas de la comprendre.

Mais je l’aime toute, même dans ce que mes compatriotes, les Italiens (en supposant qu’ils existent) trouvent détestable.

Je vous fais un exemple : certains d’entre vous ont trouvé écœurants « le risatine, gli ammiccamenti, le offese velate e quelle manifeste che pensavo fossero appannaggio dei vari Boldrin o Bisin di passaggio e invece, hélas, scopro che sono nel DNA dei comunisti francesi coi baffi all'insù », qui ont aimablement agrémenté mon séminaire à Paris XIII, où une moitié de l’audience était de mes lecteurs, et l’autre était composée par la famille Boccara au grand complet. Vous avez loué ma patience, qui passe généralement inaperçue (hélas, ce que le monde est injuste !), la patience du crotale, comme vous le savez bien, mais il ne fallait pas. Car si la France est digne d’amour, c’est surtout parce qu’elle nous offre des bons modèles, et mon modèle, vous le savez bien, reste Palamède :

« Pensez-vous qu’il soit à votre portée de m’offenser ? Vous ne savez donc pas à qui vous parlez ? Croyez-vous que la salive envenimée de cinq cents petits bonshommes de vos amis, juches les uns sur les autres, arriverait à baver seulement jusqu’à mes augustes orteils ? »

Cher Palamède, ce que je te comprends...

Et ce sont plus ou moins tes mots que j’ai dit au fils, celui qui sait exactement comme la courbe en J de la France est faite (c’est surprenant, vous verrez cela sur Youtube), lorsqu’après le débat il m’a approché en me disant une chose de ce genre : « Je suis étonné de la valeur thaumaturgique que vous attribuez au taux de change ». Et moi de répondre : « Ecoutez, cher monsieur, je suis bien habitué à cela, ça c’est de la dialectique qui ne vaut rien du tout ». Et lui : « Je trouve ça insultant ». Et moi : « Faite comme vous voulez. Cela fait maintenant deux heures que vous essayez de m’insulter ». Aurait-il compris ? Je n’en sais rien. Il ne m’avait pas l’air d’avoir lit Proust, ni Marx non plus, d’ailleurs.

Mais, vous voyez, en revenant au point de départ, j’aime aussi ce petit air gonflé, cet air de supériorité, cette obtuse fermeture au dialogue, cela me plait. Ils ne connaissent pas trop bien leur histoire, certains français, car autrement il sauraient bien que « qui s’y frotte s’y pique ». Gare à qui rencontre Taquin le superbe !

Et pourtant le fils avait bien eu l’exemple du père. Car lorsque celui interrompait sans cesse ma réplique à son discours extrêmement creux, tout fait d’appels rhétoriques (« il ne faut pas se résigner, il faut lutter pour changer les choses ! »  - c’est à dire pour rester dans l’euro... Et c’était à moi qu’il le disait, de lutter ! Vous comprenez ? A moi ! C’est à dire à la personne sans laquelle il n’y aurait pas de débat en Italie, on est d’accord ?), lorsque ce monsieur, disais-je, m’interrompait en franchissant les bornes pourtant bien visibles de la politesse (car les frontières, il faut qu’on se le dise, ont leur raison d’être), il m’a été simple de l’inviter à se taire en lui posant une question laquelle lui il n’avait pas de réponse : « Puisque vous vous posez tellement de questions, il faudra bien que vous vous demandiez aussi pourquoi un parti qui faisait plus que 20% maintenant il fait moins que 2% ».

...

Là on nous a gracieusement octroyé un peu de silence pour développer nos arguments, auxquels il n’y a pas eu de véritable réplique.

...

Car il faudra quand-même qu’on se le dise : si vous ne comptez rien, après avoir compté beaucoup, et moi je compte quelque chose, après n’avoir compté rien, c’est que vous n’avez rien compris, et moi j’ai compris quelque chose.


Il y aura le temps de vous expliquer pourquoi vous n’avez rien compris. Ce sera d’autant plus facile que vous le savez très bien. Je suis de l’avis de M. Sapir : dans vos raisonnements il n’y a pas seulement de la mauvaise économie (et d’ailleurs vous avez tout de suite compris qu’avec moi cette route était barrée) : il y a surtout de la mauvaise foi. Votre jeu est clair : vous approprier avec un message faussement critique (lutte au capitalisme) et faussement positif (pas de résignation) d’une partie du marché de l’opposition, du mécontentement, pour vous assurer une petite réussie personnelle dans la vie politique de votre pays. Vous échouerez, parce que c’est la Bible qui le dit : « Ecris à l’ange de l’Eglise de Laodicée : Voici ce que dit l’Amen, le témoin fidèle et véritable, le principe de la création de Dieu. Je connais tes œuvres. Je sais que tu n’es ni froid ni bouillant. Puisses-tu être froid ou bouillant! Ainsi, parce que tu es tiède, et que tu n’es ni froid ni bouillant, je te vomirai de ma bouche. »

Et en effet vous serez vomi de la bouche de l’histoire, mais ce ne sera pas trop douloureux : vous y êtes bien habitués.

Il est donc plus intéressants de rappeler, aujourd’hui, les peux de choses que moi j’ai compris sur la France (sans me leurrer, je me répète, de la comprendre toute : mais vous verrez que j’avais pourtant saisi quelques détails...).

Ah, vous me dites qu’un tel Généreux vient de faire une révélation époustouflante, notamment que M. Mélénchon n’a pas prôné la sortie de l’euro car les communistes s’y seraient opposés !? En êtes-vous bien sûrs ? Il aurait donc renoncé à faire 20% pour écouter le 2% ? Voilà ce qui en effet est bien généreux, de la part d’un politicien.Moi je me suis permis de voir la chose autrement, en 2012, et les faits ne m’ont pas démenti jusqu’à présent. M. Mélénchon était en 2012 ce que M. Tsipras est aujourd’hui : un leurre. Leur raison d’être est (et était) très évidente : neutraliser une partie de l’opposition, en la ramenant au discours néolibéral, après avoir donné aux électeurs la fausse illusion de pouvoir changer quelque chose. Mais les électeurs, en France comme en Italie, ne sont pas si bêtes que vous les faites, mes chers. Et en effet aux législatives le parti qui était crédité par les sondages d’un score au-delà de 17% avant les présidentielles, fit un maigre 7%. Et, comme prévu, Marine la blonde poursuivit sa résistible montée, car la gauche avait fait une erreur majeure : lui avait permis, à elle, à la blonde, de définir par défaut l’agenda politique de la gauche.


« La blonde parle de l’euro ? Donc il ne faut pas en parler. Et si quelqu’un s’avise d’en parler, il suffira de lui dire qu’il est un fasciste ».

Et non, mes chers, ça ne suffit plus, et voilà la première chose que j’ai comprise : que votre stratégie (pourvu qu’elle existe) est suicidaire, et que le niveau de votre débat est vraiment très en retard par rapport à celui du débat italien, ou la gauche néolibérale commence à se poser des questions (et si ceci arrive, c’est parce-que quelqu’un l’a forcéeà se les poser).

Ah, vous me dites, en frissonnant d’horreur, que M. Hollande a trahi vos attentes, en adoptant une politique néolibérale, alors que vous aviez vu en lui un espoir de rachat pour les classes ouvrières non seulement de la France, mais de toute l’Europe ? Mais, mes chers messieurs, ceci est aussi triste que prévisible, si fait que je l’avais prévu le 6 mai 2012, lorsque vous étiez tous contents ! 

Il n’est pas méchant, il n’est pas un traitre, M. Allemagne, pardon : M. Hollande. Simplement, il n’avait pas d’autre choix, et les solde sectorielles le montraient d’une façon tellement claire ! Quoi ? Marx n’en parle pas, des soldes sectorielles ? Je n’en serais pas si sûr, et, quoi qu’il en soit, j’imagine qu’il y a plein de choses dont Marx n’a pas parlé : de l’accord de septième de dominante, de la nébuleuse d’Andromède, du cassoulet, du boson de Higgs, des chansons de Pétrarque... Plein de choses... Mais le fait qu’il n’ait pas daigné en parler, chers camarades, n’entraine pas forcement que ces choses n’existent pas, vous êtes d’accord ?  Ores, il s’avère que la trajectoire des soldes sectorielles français était formelle : la France ne pouvait pas se permettre l’euro. Lorsque le solde des partie courantes fléchit inexorablement, comme il le faisait en France et en Italie, il n’y a qu’une solution : soit on laisse agir les prix, donc, on réaligne le taux de change, soit on applique l’austérité, qui coupe les importations et, après, peut-être, relance les exportations (par le biais du chômage, qui force les ouvriers à « se modérer »). Voilà le système que vous défendez: un système qui prevoit la déflation des salaires comme issue obligée.

Et vous, qui êtes si politiciens, qui êtes si clairvoyants, comment pouvez-vous ne pas comprendre que lorsqu’il faut faire ce sale travail, lorsque il faut abattre les revenus des classes subalternes, le capital choisit toujours un boucher au tablier rouge, car sur le tablier rouge les éclaboussures de sang sont moins saillantes ? Qui a massacré les travailleurs allemands ? Schroeder. Qui a massacré les travailleurs italiens ? Le Parti démocratique, par le biais des gouvernements soi-disant « techniques ». Qui est en train de massacrer les français ? M. Allemagne, pardon, Hollande, avec son joli tablier rouge, ou plutôt rose (ce qui fait que les éclaboussures, en effet, commencent à paraitre, et la blonde s’en donne à cœur joie...).

Est-ce une surprise ? Pour vous, peut-être (ce qui explique le rien% auquel vous vous êtes réduits), mais pas pour moi. Désolé, ce n’est pas très élégant de le faire remarquer, mais moi je l’avais compris bien avant que cela se produise : la France est le grand malade d’Europe, et pour cela son gouvernement n’aurait pas eu d’autre choix que celui de trahir ses électeurs.

Et on en vient ici à la troisième chose que j’avais compris (et elle était pourtant bien simple, et sous les yeux de tout le monde), et que ni vous, ni votre allié dans le projet euriste-néolibéral, M. Moscovici, semblez avoir compris, même si entre temps, avec un peu de retard, l’Economistet Newsweek ont daigné s’en apercevoir. Là, je vous assure, je m’en veux, parce-que, comme je vous l’ai dit dès le début, j’aime la France, et c’est très cruel, très impoli, et en tout cas très embarrassant, de devoir dire une vérité désagréable à quelqu’un qu’on aime. Mais il me faut pourtant le faire. J’en souffre (et je crois que cela soit bien visible, pardon, lisible), j’en souffre, mais amicus Plato, sed magis amica veritas.

Vous n’êtes pas en si bon état que vous le croyez, chers amis, et, hélas, je m’étais permis de prévoir cela non seulement dans mon blog et dans mon livre en 2012 (ici la traduction en anglais, faite en 2014 guise de « ce qu’il fallait démontrer »), mais aussi dans des publications scientifiques (si vous voyez ce que c’est...). Vous vous leurrez d’être de la même taille que nos frères, les Allemands, mais il n’en est rien, et M. Feldstein vous en avait bien prévenu en 1997 : « What is clear is that a French aspiration for equality and a German expectation of hegemony are not consistent » (“EMU and international conflict”, Foreign Affairs, vol. 76, n. 6, 1997).

Pauvre M. Moscovici ! Dans la même émission dans laquelle il liquidait M. Sapir comme « économiste d’extrême droite », il s’était aussi avisé de dire que la France n’était pas comme l’Italie. Eh bien, en effet il y a des différences. On pourrait leur donner un coup d’œil, si vous le voulez bien ? Je vous en donne une synthèse dans ce graphique, dans cette joli rosace, ou j’ai choisi le bleu, le rouge, et le noir, qui, comme j’ai récemment appris en visitant la Sainte Chapelle, étaient les couleurs préférés dans les verrières du XIII siècle, c’est à dire d'un âge où les théologiens en savaient d’économie bien plus que les martiens d’aujourd’hui (ce n'est pas une faute de frappe : c'est qu'ils viennent d'une autre planète).


Je vous donne quelques explications, dans le sens de l’aiguille de la montre :

PC c’est la variation du déficit des partie courantes entre 1999 et 2007 (en rapport au Pib);

SP c’est la variation du déficit budgétaire primaire (en rapport au Pib);

SS c’est la variation du déficit budgétaire structurel  (en rapport au Pib);

DP c’est la variation du rapport dette publique/PIB

CH c’est la variation du taux de chômage ;

IN c’est le taux d’inflation moyen ;

CR c’est le taux de croissance moyen ;

...et on a fait le tour ! Il va de soi que vous êtes les bleus, et nous les rouges, et la ligne pointillé représente le zéro. Petite remarque sur les unités de mesure : j’ai choisi la variation lorsque les variables sont des rapports (au Pib, ou aux forces de travail), et j’ai choisi la moyenne lorsque les variables sont des taux de variation. Un choix bien naturel, car en économie ce qui compte est surtout la trajectoire, comme vous le savez bien.

Donc, voyons, en quoi l’économie française aurait-t-elle été tellement meilleure que l’italienne avant la crise, donc sur la période 1999-2007 ?

La rosace, vous le voyez, est construite de telle façon que celui qui est à l’intérieur est le meilleur, sauf sur l’axe de la croissance. En effet, si l’on part d’ici, c’est à dire de CR, on voit que la performance de la France a toujours été meilleure. Par exemple, de 1999 à 2007 la croissance moyenne de la France se situait à 2.2%, 0.5 points plus haut que celle de l’Italie, qui n’était qu’à 1.7%. Un résultat d’autant plus remarquable que sur l’axe de l’inflation (IN), où, d’après les pères de nos patries, il serait mieux de se situer à l’intérieur (c’est à dire, d’avoir un taux de croissance des prix plus petit), la situation est renversée : nous les italiens étions les méchants, avec un taux d’inflation moyen à 2.3%, alors que vous aviez un rassurant 1.8%.

Que c’est beau !

Mais c’est fini les bonnes nouvelles, parce que sur toutes les autres coordonnées, où il faudrait être à l’intérieur, la France, hélas, se trouvait dans une très mauvaise position. Le déficit des parties courantes (PC) a augmenté en France et en Italie, mais en France l’augmentation a été presque double. Le solde budgétaire primaire (SP) a augmenté dans les deux pays dans la même mesure, mais le solde budgétaire structurels (SS) a augmenté en France plus qu’en Italie, ce qui montre que la France aurait pu mieux profiter de sa croissance. Il s’ensuit que la France, où la croissance a été plus rapide, a vu son rapport dette publique/Pib augmenter de 5 points, alors qu’en Italie il diminuait de 10. Et comment cela se fait qu’une économie où l’endettement augmente n’ait pas été capable de faire diminuer d’une façon plus significative le chômage ? En Italie il avait diminué de 5 points, alors qu’en France seulement de 2.

Comment cela se fait qu’avec un état moins austère, avec une augmentation de l’endettement net extérieur, et donc avec plus de ressources mises à disposition de l’économie (ou moins de ressources soustraites), le chômage n’ait pas diminué plus ? C’est à vous de me le dire. Ce que je peux vous dire c’est qu’après cela il ne faut pas se plaindre si la blonde dépasse 30%. Ce n’est même pas politique : c’est purement économique.

Mais... Comment nos pays ont-ils réagi à la crise ? Faisons-en un autre, de tour : voilà la même rosace, pour la période 2008-2013 :



Si l’on regarde la dette publique (DP), bien, la réacion a été exactement la même : une augmentation d’environ 25 points de Pib. Pas mal, n’est-ce pas ?


Mais, encore une fois, cette performance nous montre en réalité la France dans une position plutôt défavorable, car en Italie le Pib (CR) a chuté, avec une croissance moyenne de -1.5%, alors qu’en France la croissance moyenne a été quasiment nulle. Donc, puisque les taux d’inflation (IN) ont été très proches, le fait que la dette publique ait eu la même augmentation dans les deux pays indique une chose : que la politique budgétaire française a été moins rigoureuse. En effet, en France le déficit primaire a augmenté, et le déficit structurel a diminué, mais moins qu’en Italie. Bien sûr, en tant que keynésien je n’ai rien contre une politique fiscale anticyclique, cela va de soi. Mais il y a un petit pépin. Est-ce que vous pouvez bien vous la permettre, cette politique ? La réponse est clairement négative : non. C’est le solde des parties courantes qui le montre (PC) : en Italie il a diminué, en France non. La politique de destruction de la demande intérieure, avouée par M. Monti dans une célèbre interview, a fonctionné. Et ceux qui n’ont pas (encore) détruit leur demande intérieure, qu’est-ce qu’ils font ? Ils continuent à s’endetter avec le reste du monde.

Ceci était bien prévisible. Ce n’est pas par hasard que vous avez besoin des chinois pour faire survivre Peugeot. Je vous explique comment ça marche, c’est très simple. Vous êtes en train de vendre l’usine Peugeot à l’étranger car vous ne réussissez plus à vendre ses produits à l’étranger. C’est simple : vous vendez la Peugeot car vous ne vendez plus assez de Peugeot. Si on a un problème de compétitivité, on s’endette avec l’étranger, et lorsqu’on est endetté il faut vendre les bijoux de famille. Ce n’est pas nouveau. Il y a un autre pays européen qui a beaucoup d’analogies avec la France, vous le savez ? Son nom commence par F, ses habitants se croyaient meilleurs que les autres, et j’avais prévu sa chute dans mon livre (à p. 29). Ah, vous avez compris, maintenant: c'est la Finlande.

Nous sommes donc dans la même situation, mais avec une différence, ou peut-être deux. La première est qu’en effet nos finances publiques, compte tenu de leur trajectoire avant la crise, et de leur état après le stress auxquelles elles ont été soumises par les politiques d’austérité, sont dans un état relativement plus solide que les françaises. La deuxième est que nous, de nos problèmes, nous nous en rendons compte, et nous commençons à en parler. Ce n'est pas la politique de l'autruche, des rencontres à huis clos. C'est fini chez nous.

A ma rentrée, le 7 mars, je serai avec d’autres économistes pour en parler dans une rencontre organisé par le Parti Démocratique. Imaginez-vous un colloque organisé par M. Moscovici sous le titre « Titanic Europe » ! Ce n’est pas imaginable, n’est-ce pas ? En Italie oui. Et, si vous le voulez bien, mais même si vous ne le voulez pas, ceci dépends aussi du fait que les trois choses que je sais m'ont aidé à vendre à peu près 20000 copies de mon livre.


Amicalement.

Un économiste qui ne connait pas la courbe en J de son pays (mais connait bien la littérature du vôtre).



(...e fra le righe si legge?...)

In memoriam

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Lasciamo perdere i giovinastri figli di famiglia. Che se ne vadano al diavolo con la loro supponenza basata sul nulla. Fatemi il piacere, se non lo avete ancora fatto, di ascoltare il discorso di un uomo che è morto (come tanti altri) per il suo paese:




(...e naturalmente fate attenzione al minuto 13:04...).

L'Europa e il nazionalismo.

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Tanto per capire di cosa stiamo parlando, vi ripropongo, prima di andare a sentire le solite pappardelle sul fatto che l'euro ha portato la pace (alle 11:30 alla Facoltà di diritto, economia e management di Rouen), lo spot che un lettore di questo sito ci segnalò più di due anni or sono, e che oggi Silvia mi ha ricordato in un commento:


Come potrete notare, questo è il fulcro della logica eurista "de sinistra": gli stati nazionali sono fautori di guerre, quindi dobbiamo costruirne uno più grande per fare la guerra alla Cina. Poi si chiedono perché finiscono al 2%! Ne abbiamo parlato qui, del nazionalismo paneuropeo. E con quello che sta succedendo in Ucraina, qualche domanda bisognerà pure che ce la poniamo.
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